The Melvins Hold it in
[Uscita: 14/10/2014]
USA
Abbiamo sempre avuto paura di definire un disco dei Melvins ‘ennesimo’, eppure siamo all'ascolto dell'ennesimo disco dei Melvins. Certo, avremmo potuto scrivere ‘ennesimo capolavoro’, invece non riusciamo ad andare oltre a ‘ennesimo lavoro’. Ecco questo “Hold it in” è il solito, ben confezionato, mastodontico, stralunato, eccentrico, lavoro della band di Aberdeen. Il disco si presenta con un gran singolo: Bride of Crankestein per poi iniziare la sua lenta discesa verso una sorta di follia controllata a cui i Melvins ci hanno ormai abituati dai tempi di “Prick” (Amphetamine Reptile 1994). Doom, stoner, punk e pop si snocciolano pesantemente lungo gli 11 brani contenuti nell'album, naturalmente non può mancare il pezzo sperimental-drone (Barcelonian horseshoe pit) che come una mascotte segue la band ed aggiunge preziosi (?) minuti al long playing, un film di cui conosciamo la trama a memoria. Dopo quasi 30 album in studio e 30 anni di carriera i Melvins hanno costruito uno zoccolo duro di fans in tutto il mondo, e questo gli permette di stampare decine e decine di dischi in edizioni limitate che alzano incessantemente le quotazioni dei dischi della band.
Questo status di band di culto alla lunga logora anche un gruppo granitico come i Melvins e li fa cadere in dinamiche al limite dell'autoreferenziale. Diamo alla massa ciò che vuole, ma forse questo disco trasuda troppo di rock'n'roll per essere veramente assorbito da coloro che hanno amato i Melvins più per “Bullhead” che per “Nude with Boots”. Ora è necessario porsi un'altro quesito: sono diventati vecchi? Certo è che brani come Nine Yard sembrano avere l'orologio spostato di parecchie lancette indietro, l'animo di questo disco è sicuramente hard rock, genere che Buzz e compagni adoravano nella loro infanzia, e la loro genialità è stata proprio quella di prendere i Kiss e colargli sopra una betoniera di piombo fuso e dare vita a quello che più avanti si sarebbe chiamato Sludge. E' tipico degli anziani ritornare ad uno stato quasi infantile della loro esistenza. Ciò che sicuramente non manca a questo disco è la consueta ironia della band, grandioso il titolo del pezzo di chiusura: Piss Pistopherson. Indovinate a chi è dedicato?
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