Fofoulah FOFOULAH
[Uscita: 19/09/2014]
Gran Bretagna-Senegal # Consigliato da Distorsioni
Il sabar è una percussione tradizionale dei griot del popolo wolof, diffusa fra Senegal e Gambia, capace per la particolare risonanza delle sue membrane di farsi udire a chilometri di distanza, era usata anche come mezzo per comunicare. Il suono potente, secco, frenetico del sabar è l’elemento ritmico intorno a cui nascono le nove composizioni del disco. E che il ritmo sia al centro della musica dei Fofoulah non sorprende se consideriamo che a produrlo è lo stesso batterista del gruppo Dave Smith, già nei Juju e nella band di Robert Plant. Ma ovviamente c’è anche molto altro, perché la musica dell’ensemble è il risultato delle differenti esperienze musicali e culturali dei musicisti coinvolti. I membri stabili dei Fofoulah sono cinque: Dave Smith, Kaw Secka al sabar, Tom Challenger (Red Snapper) al sax e tastiere, Phil Stevenson alla chitarra e Johnny Brierley al basso, ma molti sono gli ospiti nel disco, il cantante senegalese Batch Gueye in quattro brani, la cantante algerina Iness Mezel, il rapper inglese Ghostpoet e il gambiano Juldeh Camaraal al ritti, violino a una corda tradizionale del Centro Africa. Un ensemble multietnico espressione di una città, Londra, luogo di intrecci fra culture e popoli diversi.
“Fofoulah” è un disco pieno di vita, dinamico, esuberante, incontro fra le radici dei ritmi dell’Africa Occidentale e i suoni metropolitani del dub, le sue linee di basso dilatano i tempi, creano trame sonore originali, una musica da ascoltare e da danzare secondo ritmi meticci. In alcuni momenti sembrano ricordare il dub mediterraneo dei nostri primi Almamegretta, come in Make Good (Soumala). No Troubles (Kelinte) apre l’album innestando su rimi afro e un groove trascinante il suono di un organo fantasmagorico e coloratissimo, Reality Rek impreziosito dalla voce di Batch Gueye in dialogo con un sassofono notturno e sincopato è brano suggestivo venato di malinconia, in Don’t Let Your Mind Unravel, Safe Travel l’hip hop combina perfettamente con i ritmi lenti e le chitarre evocative, Michael Franti o Gil Scott-Heron in viaggio nel continente nero., L’atmosfera complessiva del disco convince e avvince, sintesi di storie e tradizioni diverse, afro, dub, jazz, hip hop, funky, rilette con gli occhi e le orecchie rivolti all’attuale scena metropolitana. E’ un sound che certamente trova nel live la sua dimensione più esplosiva e trascinante, ma ottimo anche per essere ascoltato dal vostro stereo, alto volume e pigiando sui bassi.
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