Jurenito 41
[Uscita: 31/05/2018 ]
Qualche anno fa, era il 2014, gli eccellenti Guano Padano pubblicavano “Americana” un album il cui filo rosso era rappresentato dall’omonima raccolta antologica di Elio Vittorini. Quegli stessi scenari sonori da frontiera, da “Grande Paese” ritornano qui nel secondo lavoro di Jurenito. E certo questo “41” è, letteralmente, il seguito obbligato del precedente “Forty” uscito ormai un anno fa. Un panorama in controluce che scorre veloce come dal finestrino di un treno. Quello stesso “Grande Paese” visto con gli occhi dello straniero curioso, del viaggiatore attento. Meno autentico forse, ma non meno veritiero ed interessante di tanto roots rock proveniente direttamente dagli USA più profondi. Rispetto al lavoro precedente, che correva sul filo della black music, da Son House a Curtis Mayfield, questo nuovo disco rivisita una canzone ben più “bianca”, più rock, meno chiaroscura. Come se i Black Keys fossero arrivati al successo nel Laurel Canyon del 1968.
Le fonti, dichiarate, vanno del resto da Gene Clark a Jerry Garcia, da Neil Young (vedi la prepotente distorsione di Yet Another Alphabet Song) a David Crosby, a cui è anche dedicato l’esercizio di folk d’ambiente di A-Song For David. Laddove “Forty” indulgeva in atmosfere notturne da crocevia rurali visti attraverso i fosfori verdi di un vecchio tubo catodico, “41” rilegge la canzone di protesta così come l’interiorità del folk rock acido attraverso una sensibilità appartata, un taccuino personalissimo, scritto con una calligrafia lo-fi ed antieroica che mette in luce le abilità da multistrumentista di Umberto Bellodi, vero “one man band” dietro al moniker Jurenito. Artigianale, di basso profilo, ma sinceramente consigliato.
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