The Zen Circus IL FUOCO IN UNA STANZA
[Uscita: 02/03/2018]
#consigliatodadistorsioni
Diciannove anni di lunga militanza al servizio dell’indie italiano. Gli Zen Circus non sembrano conoscere momenti di pausa e tornano sugli scaffali dei negozi di dischi con “Il Fuoco in una Stanza”, ad appena quindici mesi dal precedente “La Terza Guerra Mondiale”. Il nuovo disco conferma (qualora ce ne fosse ancora stato bisogno) la band toscana come una sorta di faro nella notte del panorama indie tricolore, trascinata dalle liriche sempre taglienti e curate del songwriter Andrea Appino e da un groove fatto di chitarre potenti e coinvolgenti (Sono Umano è un pezzo che merita). L’opera, composta di ben tredici tracce nuove di zecca, si apre con il brano di gran lunga migliore, Catene, contraddistinto da un testo pungente che ben si incastra con le armonie semplici e trascinanti tipiche della band, brava ad aggiungere un elegante tocco pop al cocktail. Sensazioni confermate anche dalla title track, che con Catene costituisce la coppia di singoli estratti dal disco: Il Fuoco in una Stanza è una bella ballata acustica arricchita da tastiere e interventi orchestrali, forse la vera innovazione dell’intero disco.
Nel mezzo qualche episodio un po’ più incerto (Il Mondo Come lo Vorrei, brano in cui si esplica maggiormente la nuova tendenza orchestrale degli ZC, La Stagione, Rosso o Nero fino agli oltre otto, lunghissimi, minuti di Questa non è una Canzone) e ampie e gradevoli concessioni ad atmosfere più marcatamente pop rispetto allo stile generale della band (Low Cost e Quello Che Funziona sono due pezzi che si ascoltano con piacere e lasciano più di una traccia). Non mancano, ovviamente, brani su cui soltanto l’ascolto dal vivo (l’impatto live, d’altronde, è certamente il cavallo di battaglia degli Zen) potrà dare un giudizio definitivo (Panico, La Teoria delle Stringhe), momenti in cui si mescolano tessiture armoniche ruvide e testi ironici/dissacranti (Emily No), per giungere alla dolce ballata conclusiva Caro Luca, che suona veramente come una lettera scritta a un amico con il cuore in mano. Innovativo, a tratti convincente a tratti meno, comunque almeno un paio di spanne sopra la media (povera, in verità) della musica indipendente italiana: Il Fuoco in una Stanza proietta il quartetto (con l’aggiunta del chitarrista Francesco Pellegrini) pisano già tra le migliori uscite dell’anno nel panorama nazionale. Una gradita abitudine per una band eccellenza del contesto italiano.
Più che un disco degli Zen Circus, un disco di Andrea Appino. Sento molto la sua influenza e poco quella degli altri componenti della band: a livello musicale, infatti, hanno abbandonato il loro tipico sound per sonorità più blande, intime, che non lasciano il segno (siamo lontani anni luce dai riff di Viva, L’anima non conta, Ilenia, Canzone di Natale -solo per citare le ultime e più famose hit dei ragazzacci pisani) per puntare più sui testi, sui contenuti, sulle parole. Parole che fanno male come pugni allo stomaco, che parlano di lotte, di amori, di speranze, di sogni infranti. Per alcuni, il nuovo disco degli Zen Circus è da ritenersi un flop; per me, invece, è la dimostrazione di una band che non ha bisogno di uno schema fisso per essere amata, che fa della indipendenza il proprio marchio di fabbrica (riprendo una frase significativa tratta da “La terza guerra mondiale”, canzone che ha dato il titolo al loro precedente album: “perché sono un gatto io/ed un gatto padroni non ne ha”) e che ha ancora voglia di migliorarsi cambiando pelle ma restando sempre, meravigliosamente, la migliore band italiana in attività.
Un ringraziamento speciale al mio grande amico Riccardo Resta per la sua recensione!