Luminance Ratio HONEY ANT DREAMING
[Uscita: 02/05/2016]
#consigliatodadistorsioni
Non c’è due senza tre sarebbe il caso di dire per Luminance Ratio, fantastico combo capitanato da Gianmaria Aprile (a tenergli buona compagnia Andrea Ics Ferraris al laptop e percussioni, Luca Mauri chitarre e percussioni, Luca Sigurtà synth ed elettronica). Dopo i due validi “Like Little Garrisons Besieged” (2009) e “Reverie” (2013) e dopi i tre split 7” in affiancamento a nomi autorevoli della scena elettroacustica (rispettivamente: Steve Roden, Oren Ambarchi e Yannis Kyriakides), "Honey ant Dreaming" è il terzo lavoro sulla lunga distanza. Sei brani di una potenza evocativa ammaliante e ottenebrante. La grande capacità del quartetto sembra proprio quella di reinventarsi, di compiere evoluzioni sonore e ricerche continue e mai dome, riuscendo sempre ad imporre un modo di procedere originale, ispirato ma anche capillare, congeniato e soppesato nei minimi dettagli.
Si muovono su territori difficilmente catalogabili, traendo ispirazioni sicuramente da alcune nobili lezioni di post psichedelia e post rock, soffermandosi su atmosfere languide e cristallizzate tipiche dell’ambient o oscure e primitive della world music. C'è una narrativa che ci racconta situazioni differenti seppure tenute unite da un sottile filo comune; fatto di un climax ambivalente che spazia tra tribalismi esotici, umbratile malinconia e una vena melodica eterea, allucinata, trasognata.
L'omonima Honey ant Dreaming è giocata sui riverberi e sulle dilatazioni del giquin e sull'incalzare ritmato e sincopato delle percussioni, molto suggestivi sono anche i cori che diffondono e amplificano i giochi strumentali. E se a prevalere sembrava essere un situazionismo ambient si entra decisamente in un altro scenario suggestivo, più articolato e sofisticato, con I am HE and she is SHE but yuo are the only YOU. Una serie di droni densi e stratificati che montano un'atmosfera esoterica e sacrale che in parte ci riporta all'onirismo misticheggiante di Reverie. Di grande impatto le sfumature timbriche e i rivoli scintillanti portati dai tocchi tremuli degli strumenti (il sitar, le chitarre e il giquin).
E se Splinters of Rain chiude il lato dell'indefinito più intimistico e psicologico, con le sue cupe distorsioni elettroacustiche che sembrano voler assalire il flebile mantra modale in sottofondo, il lato B sembra essere fortemente tattile e corporeo. Passage d'Enfer omaggia le asperità della terra, i rituali propiziatori, i baccanali primitivi, l'energia pulsante della vita e la forza irrefrenabile degli elementi. Great White's All Around procede incalzante e tortuosa trascinandoci in anfratti inospitali, torridi e claustrofobici di visioni psichedeliche alterate. Gli stati allucinogeni proseguono muovendo ombre come contorsioni plastiche che ghermiscono e sovrastano, e torpori ansiogeni che freddano e repentinamente scuotono, ridestano. Blood Vessels è magnetica e avvolgente, una propulsione sulfurea, psicotropa che si irradia come pneuma di magnificente, insidiosa, incantevole bellezza. Ed è il terzo capolavoro.
Correlati →
Commenti →