Plasma Expander CUBE
[Uscita: 9/03/2013]
Immersione completa, elucubrazione e iterazione di quella primitiva musica cosmica che fu degli Hawkwind e che poi venne sbrandellata dal kraut dei Neu. I Plasma Expander mettono da parte specifiche e sottigliezze del passato per elaborare in questi quattro brani dei veri e propri anthem di scuola Dusseldorfiana: la decostruzione, un andamento cingolante che esaspera il suono, lo rende ossessivo ed incalzante e poi lo passa letteralmente al macero sotto un rullo compressivo di random percussivi. La formazione sembra aver raggiunto una fase di equilibrio e maturazione con l’arrivo di Corrado Loi al basso, synths e samples dopo una fase in cui il suono stava assumendo una strutturazione assai poco ariosa e a tratti opprimente nella potenza espressiva (“Kimidanzeigen”, 2009). In questo Cube i conti sembrano invece tornare di nuovo e trovare la quadratura del solido perfetto, l’armonia strumentale diventa calibratissima e profondamente entropica. Grandi meriti a quella Cagliari di élite che dona il tocco finale al disco: Simon Balestrazzi al mixaggio e Enrico Sesselego alla registrazione. Senza voler dimenticare gli altri due membri di sempre, cagliaritani doc Fabio Cerina alla chitarra e Andrea Siddu alla batteria. Colpisce nell’immediato la cinetica melmosa in cui si dipana l’intero lavoro. Un’atmosfera a tratti satura e ansiogena che però trova sempre vie di fuga scintillanti. Deragliate destrutturate e progressioni sempre variegate da quel guizzo d’imprevisto che riescono ad impalcare la tensione del rapimento estatico.
Un suono pregnante che avvolge senza stritolarti, che rapisce i neuroni ma ti lascia lucido. Questi ragazzi sono indubbiamente cresciuti a pane e Neu ma con grande disinvoltura e un piglio deciso hanno saputo mettere a frutto nel migliore dei modi la lezione. Exploder mi ricorda tanto i Ronin nella parte iniziale e poi entra nell’orbita Can. Si contraddistingue per la reiterazione degli accordi che vengono poi risucchiati da intelaiature effettistiche che dilagono ed esplodono come in un caleidoscopio di liquidi fluorescenti. Bombshell è una nebulosa che finisce per liberare gas insalubri e galleggia tra la tensione motorik delle percussioni e i delay elettronici da cyber spazio. L’esclusione vocale esalta in maniera esatta il gioco di incastri, il mutare delle intensità, la stratificazione sincopata. Beacon è giocata sulla casualità, sull’aritmia d’assalto ed amplifica il clima da alienazione psicotica con i cut up e gli impulsi stridenti di frequenze distorte mentre il ritmo percussivo è incalzante e senza mai allentare la tensione gioca unicamente sul variare dei volumi. Cube incarna la ‘liason’ più inaspettata tra lo smarrimento cosmico e la virulenza sanguigna del beat da propulsione. Rigore teutonico e tribalismo oscuro. Un crescendo che si satura nella dispersione, un blocco granitico che si frantuma in limpide e affilate lame di cristalli. Cavalcate errabonde che raccontano intensità e lacerazione esistenzialista, crescendo rocamboleschi e vortici che inglobano il nulla, sete di riscatto e naufragi desolati nella landa dell’utopia tradita, in quella Negativland cosparsa di macerie e scorie di disillusione post atomica.
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