Metzengerstein ALBERO SPECCHIO
[Uscita: 23/01/2015]
Nel progetto Metzengerstein confluiscono membri degli Holy Hole e del collettivo Ambient-Noise Session. Il trio toscano ha avuto il privilegio di scomodare direttamente Justin Wright (Expo '70) per uscire con questo stesso lavoro nel 2013, su cassetta, inaugurando la sua label, la Sonic Meditations. Nel frattempo, con l’imporsi sempre più iconoclasta dell’Italian Occult Psychedelia, questi suoni si sono rivelati seminali e ispiratori, troppo per non venire adeguatamente contrassegnati da una distribuzione in grado di esaltarne la suggestione di oggetto culto per gli appassionati. Ecco che allora, grazie alla Harsh, se ne è proposta una ristampa vinilica davvero imperdibile. Un disco verde smeraldo in edizione limitata con una cover magistrale, serigrafata da Legno. Cinque pezzi davvero criptici e fumosi, contraddistinti ciascuno da un ideogramma a richiamarne la simbologia ancestrale ed esoterica. Non a caso lo stesso nome del progetto fa riferimento ai significati metafisici e alla parusia di uno tra i primi racconti di E.A. Poe (sottotitolo: A Tale In Imitation of the German) contenuto, e anche qui il caso e la casistica sembrano non doverci entrare affatto, nella cosiddetta raccolta degli Arabeschi.
In questo disco infatti vengono richiamate tanto le atmosfere esotiche e arabeggianti di un medio oriente favolistico, che esprime parte delle sue suggestioni attraverso simbologie e misticismo, che quelle della tradizione krauta della musica cosmica: psichedelia onirica, dilatata, sottilmente straniante. Effetti timbrici di riverbero, tremule propagazioni dalla consistenza quasi acquatile, volubili crescendo sensoriali. Nell’iniziale lunga suite Đ vi è quasi una progressione ipnotica di consistenze materiche stratificate, di percezioni che si colgono per poi sfumare via in qualcosa di ineffabile. Suoni raccolti, rituali sciamanici, sentori di un viaggio iniziatico legato ad un paganesimo delle radici, alla purificazione e al culto della terra che si ritrovano anche in Ɵ. Nel secondo lato del disco tutto diventa ancor più cupo ed ermetico. I rumori sono quasi dei cigolii che squarciano un silenzio pregnante, folate gelide che impattano su corpi inanimati (La Piramide di Sangue, M.S. Miroslaw, Eternal Zio, i rimandi più verosimili). Ad esclusione del sognante abbandono evocato dal sitar di Andrea Mosca in ǂ, si entra in un mistero disturbante di inquietudine e latente senso di oppressione nei quasi dieci minuti di צ che inevitabilmente trascina verso melme torbide e profondità recondite. Il flauto di Donato Epiro non contribuisce ad alleviare l’effetto claustrofobico in ש. Il groviglio atmosferico sembra quasi nauseante e anfetaminico, un torpore disturbato da visioni presagistiche indecifrabili che diluiscono la percezione spazio tempo.
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