Left Lane Cruiser DIRTY SPLIFF BLUES
[Uscita: 16/06/2015]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
A due anni di distanza da “Rock Them Back to Hell!”, la band dell'Indiana ritorna con il nuovo “Dirty Spliff Blues”, il sesto album pubblicato per la Alive Naturalsound Records, questa volta con un organico allargato a tre, grazie all'arrivo di Joe Bent che si aggiunge ai due membri storici Freddie J IV e Pete Dio. Nonostante ciò, l'assetto della band non cambia di una virgola, considerato che i Left Lane Cruiser continuano a macinare imperterriti un hard blues sporcato dal fango dei sentieri più sperduti dove è facile imbattersi in soggetti per nulla rassicuranti e fermarsi in sordide bettole per bere del pessimo whisky. Il disegno della copertina, che ritrae una sorta di zombie-spaventapasseri impalato in mezzo ad una piantagione di marijuana nell'atto di suonare una chitarra resofonica, è stato affidato alla matita dell'illustratore fantasy William Stout il quale aveva già curato la grafica del precedente album, a riprova della continuità del suono e delle tematiche che confondono realtà e disimpegno. I Left Lane Cruiser hanno mandato a memoria il mood basico tratto dalla lezione del blues del Delta, passando tutto al setaccio attraverso Howlin' Wolf e l'elettricità degli ZZ Top, con risultati prossimi ai primissimi Black Keys, quelli di “Thickfreakness” per intenderci, e White Stripes al netto del garage e di derive psichedeliche. Tutto questo in una formula che sembra decantare l'arcano di una musica ancestrale destinata a rinnovarsi di continuo attraverso la celebrazione di un rito misterico che non perde la sua forza attrattiva.
Una volta Keith Richards, ad un giornalista che gli chiedeva quale fosse il segreto del successo della musica degli Stones, rispose: “Che Dio benedica i riff”. Senza dubbio di riff in Dirty Spliff Blues ce ne sono parecchi, come quello dell'iniziale incendiaria Tres Borrachos che parte già con il turbo di una ritmica che promette sin da subito di non dare tregua. Nel disco non ci sono pause, tutto è al limite di un suono volutamente sporco e potente che libera un'energia virulenta che fa esplodere le casse. I Nostri sono quello che suonano, senza alcuna concessione al mainstream né al politicamente corretto: Freddie J IV suona la chitarra con un fuzz cattivo e compresso, ruggendo parole livide contro tutto e tutti, Pete Dio pesta le pelli con un drumming incessante, mentre Joe Bent getta sul fuoco fraseggi di slide su un improbabile tavola da skate su cui sono state montate le corde. Tra i pezzi più efficaci della tracklist troviamo Tangled up in bush con la sua coltre densa di chitarre distorte e slide, Heavy honey che lambisce i territori dei Black Keys (più celebri) meno laccati e All damn day che è quanto di più vicino allo stoner i Nostri abbiano fatto. Non c'è nulla di nuovo in Dirty Spliff Blues, solo un vecchio dannato blues che funziona sempre e fa l'effetto di un distillato che brucia l'esofago quando scende giù, fa lacrimare gli occhi e scalda l'anima. Scusate se è poco!
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