Jlin BLACK ORIGAMI
[Uscita: 19/05/2017]
Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
Jlin è artisticamente cresciuta nella scena Footwork di Chicago, il più chiacchierato genere di musica dance d'avanguardia degli ultimi anni. Un post-house che si potrebbe far risalire addirittura a Frankie Knuckles e che ha avuto come esponenti recente gente come R.P. Boo e il compianto Dj Rashad. Ha le sue origini quindi negli anni Novanta e in molti lo hanno paragonato alla Jungle che, grazie alla disponibilità della tecnologia del campionamento digitale, ha facilitato la creazione di breakbeat, tempi spezzati e voci campionate. La Footwork ha avuto fin da subito un sostenitore particolare, Mike Paradinas e la sua label Planet Mu che ha capito che i semi che footwork aveva lasciato sarebbero stati qualcosa di molto buono. Jlin è uno di quei semi e giovanissima partecipava alle mitiche “Bang & Works” e dimostrava una grinta e una versatilità sorprendente, unica artista di sesso femminile a “sfidare” i baluardi del genere. Il suo esordio “Dark Energy” era considerato in stile con la footwork ma aveva nello stesso tempo qualcosa di diverso più fresco e coinvolgente. E non si può certo negare che la creatività non l’abbia ribdita anche con questo nuovo lavoro uscito come l’esordio da Planet Mu, “Black Origami”.
La nuova creatura della giovane producer ha una straordinaria architettura, ed è caratterizzato da un tribalismo e un ritmo ossessivo che ci accompagnano su tutti i suoi circa 40 minuti di durata. Niente melodia o qualcosa che possa avvicinare a ciò. E’ tutta una tensione poliritmica che aumenta perpetuamente e a ogni silenzio che divide le tracce si rimane ancora storditi da quello che si è ascoltato precedentemente. Jlin si diverte a mutare e ricreare l’elettronica degli anni Novanta, quella tambureggiante (la jungle per esempio) ma in certi suoi passaggi sembra risentire di un certo dub elettronico, originario dai suoni provenienti dai gruppi della fantastica On U Sound di Adrian Sherwood. Una cosa è certa “Black Origami” è molto inglese nell’approccio e nelle influenze e si potrebbe parlare di un nuovo linguaggio sonoro elettronico-urbano. Non ha un baricentro preciso e sembra che il caos generato dai pezzi non abbia limite. Ma in mezzo alla confusione Jlin è bravissima a dare ai brani una certa grazia, un certo ordine. Non si balla ma sembra di stare in un party di una tribù indigena a volte e Nyakinyua Rise è l’apice del risultato. Questo principio viene applicato in tutte le tracce da Kynite a Never Created Never Destroyed, stesso ritmo incalzante, stesse partiture e campionamenti (alcuni riconoscibili come quello di “1%” di Holly Herndon) che si incastrano in un tetris sonoro eccezionale.
Onestamente nel marasma della nuova elettronica degli ultimi anni difficilmente ci si è trovati davanti a un disco con tratti così singolari. Inoltre grazie alla repentina ascesa della sua carriera di musicista, Jlin è stata coinvolta poi anche in altri progetti trasversali; il coreografo e regista teatrale Wayne McGregor l’ha voluta a dirigere il suo prossimo progetto, “Autobiography".
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