Adam Ant Adam Ant Is the BlueBlack Hussar In Marrying The Gunner’s Daughter
[Uscita: 21/01/2013]
Un nuovo disco di Adam Ant, ovvero ‘a volte ritornano’, una categoria piuttosto inflazionata di questi tempi: mi si perdoni l’ ipersfruttata banalità, ma chi se lo aspettava dopo quasi vent’anni una nuova uscita del molto ex ‘re della frontiera selvaggia’ britannico? O se preferite l’ex ‘principe fascinoso’, che incorniciò - insieme al fido chitarrista Marco Pirroni - di memorabile epico glam il rock a cavallo tra la fine dei ’70 e gli early ’80, ancora infestato di punk ma già proiettato in una proteiforme new wave, di un’Inghilterra in preda ad una tremenda crisi di disoccupazione, agli albori del buio periodo tatcheriano. Un’estetica glam quella di Adam, carica di pretese arty, che visse un biennio di grande e gioiosa popolarità in UK ma anche in Italia: sublimava depressione, ribellione giovanile ed estremismi punk nella creazione di un esclusivo foltissimo popolo di formiche combattive (band e fans) in un singolare sincretismo visivo di uniformi ussare e make up da nativi americani.
Come si può ben dedurre dal chilometrico descrittivo titolo del nuovo doppio album, “Adam Ant Is the BlueBlack Hussar In Marrying The Gunner's Daughter”, della bella durata di quasi settanta minuti, il lupo perde il pelo ma non il vizio: ed infatti molti sono nei 17 brani i riferimenti musicali diretti al fortunato “Kings of the wild frontier” (1980); la dimensione corale tra la band ed il front-man prima di tutto, i coretti tribali allusivi del nutrito entourage artistico di Ant (quattro chitarristi, quattro batteristi, quattro compositori oltre Ant), una piattaforma chitarristico-percussiva vivacissima e consistente al netto di qualsiasi sortita solistica, al completo servizio dell'estro bizzarro del redivivo Adam Ant. Più blandi invece i richiami musicali alle atmosfere da western Leoniano-Morriconiano, a favore di un’incredibile varietà di soluzioni stilistiche: la ballata decadente (Valentines, Darlin’ Boy, Vivienne’s Tears, quelle della sua amica Eastwood, ci scommetto!), il rock d’impatto tagliato techno di vaga ascendenza new wave (Shrink, Hardmentoughblokes), un sublime morboso taglio teatral-recitativo che rammenta gli esordi malati e decadenti di Adam Ant, il 1979 di "Dirk Wears White Socks” (Who’s a Goofy Bunny, un vecchio demo trasformato in tributo allo scomparso manipolatore punk Malcolm McLaren) e poi afflati da dancefloor (How Can I Say I Miss You con Reprise strumentale), e synth pop (Bullshit).
Flashback - 25 Maggio 1981, Bologna, cineteatro Manzoni: trentadue anni fa. Sono in coda per il concerto di Adam & The Ants, popolarissimi anche in Italia in quel momento, o almeno in quel di Bologna, visto la schiera nutrita di 'Ant People' punks truccati ed abbigliati esattamente come Adam ed i suoi accoliti, che aspettano di entrare, e che mi guardano decisamente storto, come un estraneo, perchè non sono combinato come loro. Arriva Red Ronnie, si fa largo tra la ressa strusciandomi addosso: vuole entrare perchè deve intervistare Adam Ant, ma è contestatissimo dai punks e dall'Ant People che lo sommergono di fischi al grido di 'venduto!'. Lui, per nulla intimidito, continua a farsi strada e riesce ad entrare nel teatro. Più tardi lo vedrò dentro ad un lato del palco, acquattato in posizione di attesa. Dopo poco si spengono le luci: tra le grida invasate all'indirizzo della band e di Red Ronnie degli irrequietissimi punks bolognesi, truccati da apaches e comanchi, irrompono sul palco Adam Ant, Marco Pirroni, e la banda dei re della frontiera selvaggia, in uno sfolgorio lussureggiante di costumi e make-up dai colori accesi, rossi, blu, verdi, accarezzati dalle note di un seminale Ennio Morricone, da un noto spaghetti western di Sergio Leone. Un concerto epico.
2013: la visione preliminare del video ufficiale di Cool Zombie, brano sfacciatamente costruito sul giro armonico del superclassico Hey Joe (Valenti), non lasciava presagire nulla di buono: un Adam addobbato ‘BlueBlack Hussar’ e dal look piratesco/Johnny Depp, imbolsito e staticizzato dall’implacabile fluire degli anni, in buona compagnia di apostoli glam musicisti simil vestiti, come ai vecchi tempi, impegnati in una scontata pantomima piratesca abbastanza imbarazzante. Ed invece no, contrariamente alle mie funeste aspettative: l'ascolto di “Adam Ant Is the BlueBlack Hussar In Marrying The Gunner's Daughter”, come forse avrete capito dai suddetti dettagli musicali, rivela clamorosamente un'opera fresca ed ispirata, che ripropone miracolosamente e con disarmante spontaneità, dopo un ventennio di pesanti traversie esistenziali - e mentali - di Ant, il suo luccicante carisma glam e compositivo dei giorni migliori, più vissuto però, ben distante dalle mediocri risacche dance e pop dei cinque lavori partoriti tra gli ’80 e la prima metà ’90.
Così, tra omaggi al suo passato musicale (Vince Taylor, Punkyoungirl) e fascinose reminiscenze bowieane (Sausage, Cradle Your Hatred) si consuma l’inaspettato ritorno terzo millennio di un protagonista di uno dei periodi più aurei della musica inglese, ben coadiuvato in sede compositiva dai due chitarristi Boz Boorer e Chris McCormack, oltre che dall'antico compagno d'arme Marco Pirroni, in quello che si configura come un brillantissimo lavoro d'équipe. Chi fosse totalmente profano su Adam Ant, può rifarsi con "Playlist: The Very Best of Adam Ant", una buona raccolta di 14 episodi uscita il 9 ottobre 2012 per la Epic Legacy, che pesca anche, con Cartrouble e Physical (You're So), tra i primissimi singoli arty new wave di fine anni '70. Nel caso poi si volesse approfondire l'artista si consiglia il recupero integrale almeno degli albums "Dirk Wears White Socks” (1979), "The Kings of the Wild Frontier" (1980) e "Prince Charming" (1981), i lavori più rappresentativi del passato dell'artista cinquantottenne.
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