Oasis: Supersonic Mat Whitecross
DATA USCITA: Nelle Sale italiane: dal 7 al 9 novembre 2016 GENERE: Documentario, Musicale --- MONTAGGIO: Paul Monaghan
PRODUZIONE: Mint Pictures --- DISTRIBUZIONE: Lucky Red --- DURATA: 122 Min.
Parlando di “Oasis: Supersonic “ bisogna essere diretti, esattamente come la band di Manchester. Si tratta di un docu-film che non sposta le cose: chi amava gli Oasis già da prima uscirà dalla sala piangendo di emozione, chi li odiava li odierà ancora di più. Il lavoro di Mat Whitecross, infatti, è quello di raccontare i primi tre, vorticosi, anni di vita della più grande leggenda musicale britannica dopo i Beatles esattamente così come sono stati, con tutti gli eccessi, le follie e le contraddizioni che hanno sospinto due ragazzi delle case popolari di Manchester e i loro amici da uno scantinato arrangiato in cui provare i pezzi fino all’apoteosi dell’agosto 1996, con due serate a Knebworth dove i fratelli Liam e Noel Gallagher suonarono davanti alla bellezza di 250.000 persone. Un documentario assolutamente auto-referenziale (alla rivalità con i Blur, per esempio, non si fa nemmeno accenno), “verista” in tutto e per tutto, in cui il regista, utilizzando le immagini tirate fuori dagli archivi della band e le voci narranti dei protagonisti (Liam e Noel su tutti) che raccontano i fatti a distanza di anni, mette a nudo ogni singolo aspetto del complesso, quasi guerrafondaio, rapporto tra due fratelli.
Uno spaccato crudo e diretto su due personalità così diverse, unite da un ‘infanzia difficile, dall’odio reciproco per un padre violento e per la voglia di sfondare, di uscire dall’anonimato, con lo stile e l’arroganza che sono sempre stati la loro cifra stilistica e che ha finito per oscurare pian piano, ma inesorabilmente, tutti gli altri membri della band. Almeno finché Noel non li licenziava (come con Tony McCarroll, il primo batterista). Un aspetto, infatti, che emerge brillantemente da Supersonic è il diverso modo dei due fratelli di vivere i pregi l’uno dell’altro e, al tempo stesso, di assorbirne i difetti. Non è un mistero, e dopo aver visto il film lo è sempre meno, il complesso di inferiorità di Liam nei confronti di Noel, il fratello maggiore entrato nella band per caso e che con una naturalezza quasi “innaturale” portò il gruppo da suonare in locali vuoti in giro per la Gran Bretagna alle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Un complesso d’inferiorità acuito ancor di più da quando Noel, a partire dal secondo “(What’s the Story) Morning Glory”, iniziò anche a cantare le canzoni che scriveva, in un flusso, quello (1993- 1995), di irripetibile genialità.
Il docu-film, di contro, rivela di come Noel reagisse in maniera diversa alle alzate di testa del fratello, con una veemenza che per i destini della band è stata quasi provvidenziale, specialmente nel momento in cui, durante il primo tour americano (un pubblico che i fratelli Gallagher non sono mai riusciti a catturare veramente, a differenza del Giappone e dell’Europa), gli eccessi di Liam con le droghe stavano per far saltare il banco.
“Negli anni ’90 Liam era più bello di me, vestiva meglio, camminava meglio -dice Noel nel film- Ma io so che lui avrebbe sempre voluto avere il mio talento da compositore”. Forse la chiave di lettura dell’epopea dei fratelli Gallagher sta proprio qui, nella forza del maggiore di mantenere il controllo di una situazione che, da un certo punto in poi, si era fatta troppo più grande di loro, e che a Liam sarebbe inevitabilmente sfuggita di mano, alla lunga, Certo, i metodi di Noel non sono stati mai chissà quanto politically correct, ma forse esprimere anche con la violenza la sua mania del controllo è stato il salvagente che ha permesso agli Oasis di diventare l’ultimo grande fenomeno pop prima della rivoluzione digitale; ma anche il candelotto di dinamite che alla fine ha fatto implodere il tutto, dopo anni di frizioni che hanno, però, prodotto una discografia sempre di alto livello. Questo e molto altro è Supersonic. Vedere per credere.
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