Le Streghe di Salem Rob Zombie
“Le Streghe di Salem” è un film che segna una svolta nella carriera registica di Rob Zombie. Abbandonati infatti i redneck sguaiati e psicopatici dei primi film (riletti mescolando Tobe Hooper a Peckinpah); lasciatosi alle spalle le poco riuscite riletture carpenteriane (i due Halloween), il nostro Rob imbocca la strada dell’orrore americano classico, quello che da Sleepy Hollow in poi ha tinto di nero le gotiche lande della costa nordorientale degli Stati Uniti. E non sarà dunque un caso che la protagonista del film (interpretata dalla moglie del regista, Sheri Moon Zombie) di cognome faccia Hawthorne, un omaggio a quel Nathaniel Hawthorne, scrittore che (insieme a Washington Irving, l’autore della Leggenda della valle adormentata) ha meglio descritto quegli ambienti, i vizi e le ossessioni dell’America puritana e la caccia alle streghe. E le streghe di Rob Zombie sono cattivissime e spietate (scordatevi le Wicca, col loro tranquillo e pacifico culto pagano-lunare), in attesa che il diavolo si reincarni nel ventre d’una madre.
Come Rosemary’s Baby (di cui il film in sostanza riprende il soggetto) l’onore e l’onere di covare nel ventre il signore del male spetta alla protagonista, che come se non bastasse è la diretta discendente del pastore protestante che nel XVII secolo fu responsabile della strage di streghe a Salem. Ma Satana, è noto, non si risparmia in ingegno quando si tratta di vendetta, o di scatenare l’inferno in terra. Come nel più classico degli horror il punto di partenza è un oggetto maledetto. Nel caso di Le Streghe di Salem si tratta di un disco che contiene la musica del diavolo. Ironia della sorte la musica della Bestia infernale non è heavy metal (alla faccia di tutte le associazioni di tutela degli infanti che associavano e associano continuamente il metallo pesante col satanismo, e Rob Zombie ne sa qualcosa), ma una specie di ibrido dark folk oscuro e sperimentale, con cadenze ripetitive e ossessive. Anche dal punto di vista stilistico lo stacco con i film precedenti è netto. Abbandonata la violenza visiva e le arditezze circensi delle prove fin’ora realizzate Rob Zombie costruisce un film visivamente assai rigoroso, fatto di piani ben studiati e lente carrellate.
Il gusto grandguignolesco cui il regista ci aveva abituati si sublima in una spettacolarità barocca ben più raffinata (che non può non far pensare a Ken Russel). Le Streghe di Salem è un film che viaggia volutamente sottotono per tre quarti della sua durata, fino all’esplosione visiva finale. Rob Zombie e gli sceneggiatori sono assai abili a costruire un climax emotivo, ma soprattutto visivo, che aspetta l’ultimo momento per rilasciare tutta la propria energia. Lo spettatore viene lentamente condotto dal buio verso il (contro)-luce accecante; dalla recitazione dimessa al barocchismo estetico dei tableaux vivants del finale. E se la musica del diavolo non è l’havy metal il regista accompagna le immagini con una selezione sonora strana e straniante, che passa dal Requiem di Mozart per arrivare ai “luciferini” Velvet Underground, la cui musica è utilizzata nella sequenza-chiave del film. Rob Zombie conosce ed applica come pochi le regole del cinema di genere nel suo essere regista assai “colto” in materia, puntellando però la forma horror con preziosismi formali ricercati, ma tali da non andare ad intaccare una struttura di racconto ben riconoscibile, e con alle spalle una consapevole tradizione.
Ed ecco allora che nel calderone infernale trovano spazio George Melies (ché tutto è iniziato da lì) e il black metal, il cattivo gusto da baracconata circense legato a disturbanti distorsioni jodorowskiane mai fini a loro stesse. La forza del film è di essere totalmente scevro da sovrastrutture intellettualistiche, anche quando il discorso filmico prende la via della raffinatezza formale o della citazione. E meno male, perché il film ne esce rafforzato nella sua andatura raffinatamente sghemba e divertente. Al di là dunque dell’intellettualismo e del citazionismo (e ce ne è tanto, a cominciare dalla scelta del cast, costellato di ex icone horror) come esercizio erudito Le Streghe di Salem è cinema puro, senza aggettivi e senza apposizioni, sano vecchio (ma nuovo) cinema di genere, assolutamente riuscito nelle proprie intenzioni.
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