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27 Maggio 2021

Gerardo Balestrieri Elettro Gipsy Pandemika

2021 - Interbeat

L'eclettico cantautore Gerardo Balestrieri non disdegna progetti in cui si allontana molto dal filone tradizionale della canzone d'autore. È avvenuto con “Covers”, dove si cimentava con cover punk di classici italiani e stranieri, e adesso, mentre lavora al nuovo album “Rue De La Paix”, in arrivo a giugno, si lancia in un divertissement dedicato all'elettronica. Scrive il musicista: “Sono nato nel 1971 a Wuppertal sulla Schwebebahn, la ferrovia monorotaia sospesa mentre a qualche km di distanza Ralf Hütter e Florian Schneider pubblicavano il loro primo album. Figlio di uno sradicamento contadino, i miei genitori emigrati, operai in fabbrica, con le mani nell'acido e le orecchie all'acufene. In questo disco compaiono infatti parole tedesche che mi sono rimaste in mente, addosso, come le luci, il grigio fumo, i colori, gli odori, i rumori e suoni di quell' epoca. Un residuo arcaico e ancestrale su cui innescare batterie elettroniche e sintetizzatori... “. Così abbiamo questo lavoro, "Elettro Gipsy Pandemika", in cui l'elettronica si mescola con suoni tradizionali, melodie mediterranee, scale mediorientali. L'omaggio ai Kraftwerk (e non solo: il primo brano si intitola Alfa Centauri come un grande disco dei Tangerine Dream) è dichiarato, per esempio in brani come Pandemik le tastiere, con grappoli di suoni minimali e sintetici, sono quelle del più classico pop elettronico, quello tanto amato dai compilatori di colonne sonore, che oggi ci appare vintage ma non invecchiato. In altri brani, come Machine, abbiamo una struttura più orientata al rock, con le tastiere che fanno il verso alle chitarre; i ritmi sono sempre sostenuti, persino ballabili, possiamo farlo a casa auspicando che riaprano presto i locali dove poter ballare e ascoltare musica live. Troviamo anche un omaggio a Chomsky, padre della psicolinguistica, più noto in quanto tra i pochissimi intellettuali americani definibili di sinistra, fustigatore di quest'epoca di confusione. Oltre che in tedesco, i testi sono in italiano, francese, inglese e sanscrito, ma i linguaggi sono resi irriconoscibili dall'uso del vocoder, strumento che personalmente chi scrive non ama, ma nell'ottica della riscoperta di un'elettronica d'altri tempi, in cui il mito della fusione uomo macchina era potentissimo, il suo uso si giustifica. Premesso che oggi qualsiasi genere musicale si può considerare mainstream, ci sembra giusto apprezzare chi si cimenta con proposte molto diverse dal classico cantautorato voce/chitarra, filone che sta molto perdendo in originalità.

Alfredo Sgarlato

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