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Raffaele Alberto Ventura Radical Choc

2020 - Einaudi - 248 Pagine

"Radical Choc", è un libro con il quale, Raffaele Alberto Ventura, torna ad affrontare un'analisi critica ad ampio raggio della attuale società dal punto di vista sistemico politico economico ma anche allungando lo sguardo ai cambiamenti etici, culturali e antropologici direttamente coinvolti nel processo evolutivo e nella connotazione di cambiamento. A differenza del suo precedente saggio del 2017, "Teoria della classe disagiata" (Minimum Fax), l'Autore usa in questa sua nuova opera un approccio più diretto e, se vogliamo, più crudo e analitico rispetto al disquisire filosofico letterario della prima, molto più velata di poesia, sottigliezze nostalgiche e disincanto per un perduto irrecuperabile ma lucidamente pregnante nel sentire della generazione depositaria dello stravolgimento paradigmatico definitivo. La classe appunto dei testimoni della svolta epocale dettata dall'affermazione definitiva del neocapitalismo e del neoliberalismo finanziario destinati ad intraprendere la loro corsa finale a briglie sciolte fino allo schianto finale contro il baratro del nulla, dell'insostenibilità, del 'non ce n'è più per nessuno'. "Radical Choc" è appunto quello schiaffone che come una sferzata violenta di consapevolezza, arriva nell'attimo stesso in cui si scorge l'abisso ma non si ha più la possibilità di attivare l'indietro tutta. I meccanismi sono impazziti, la velocità incontrovertibile, l'orizzonte degli eventi è superato. Queste sono le sensazioni tangibili che trapelano e che impregnano il lavoro di Ventura ma che tuttavia, anche in concomitanza con il periodo di uscita del libro, innestano una serie di assunti che seppure condivisibili, finiscono per essere stravolti e ribaltati da una fase congiunturale del tutto labile, dove non ci sono certezze e dove le ipotesi più verosimili sono attraversate dal 'cigno nero' dell'evento del tutto imprevisto. Quando il libro è uscito nelle librerie si era appena usciti dal primo severo lockdown e dalla prima grande ondata pandemica provocata dal Covid-19. Molti sono stati gli accadimenti successivi tanto che, adesso come adesso, sembra anacronistico e superato sia il discorso dei competenti sbugiardati dal sopravanzare di una classe dirigente che fa del populismo e dell'approccio dilettantistico un vanto, sia il discorso della scienza, che con la sua ratio e le sue certezze inscalfibili, arretra e soccombe di fronte alla pancia, alla speculazione filosofica, alla necessità di attutire le certezze per far prevalere il buon senso e il rispetto del sentire umano in tutte le sue forme, anche in quelle più squisitamente emotive e emozionali. Oggi ad essere in crisi è il modello occidentale di democrazia, sono i grandi equilibri geopolitici. La centrifuga della manipolazione, delle fake news, del complottismo  e dell'anticomplottismo governativo attuato con ortodossia manichea, quando non del tutto inflessibile e spregiudicato, ribalta tutto a grande velocità e ogni tentativo di strutturare analisi e compiere una lettura ermeneutica chiara e affidabile sembra impossibile o destinato ad essere del tutto sovvertito. Ma veniamo al contenuto del libro e a un tentativo di sinossi che ne metta in risalto gli elementi più salienti anche alla luce di un'analisi traslata avanti di un anno rispetto al periodo di compimento. La tecnologia e il mondo globalizzato non sempre agevolano la nostra vita ma ci mettono di fronte a nuove sfide che se non vengono incanalate nel giusto modo, fanno scaturire un effetto iatrogeno per cui gli effetti collaterali di una cura messa in campo per migliorare le condizioni di vita, finiscono per superare i benefici e portare a conseguenze negative. Pensiamo alla speculazione di Ibn Khaldūn che fu tra i primi a teorizzare il declino inesorabile di una società che basa la sua crescita sul consumo e su un crescente accumulo del superfluo. O ancora pensiamo a Ivan Illich che, nel 1974, con il libro "Nemesi medica", individuava le falle di un sistema sanitario improntato sull'efficienza pseudo aziendale. Una cura per tutto pur di non scendere a patti con la fragilità e con la morte e una idealizzazione sempre più strumentale della scienza. Fino alla fase parossistica di un virus che aggira ogni progresso mai raggiunto per seminare morte e una crisi planetaria che finisce per costringere tutti a rimettersi in discussione. Forse la verità è che non esiste un sistema in grado di compensare economicamente tutte le variabili del rischio, o meglio, non può farlo con la maggiore efficienza possibile e pensando che tutto ciò possa reggere in un lasso ragionevole di tempo. Ovvero, fino a che punto il calcolo del rischio non finisce a sua volta per diventare un rischio? Fino a che punto gli esperti (che come sostenuto in Teoria della classe disagiata, abbiamo voluto selezionare in maniera sempre più rigorosa ed elitaria) possono ora fornirci le risposte giuste per non soccombere? Ma soprattutto, siamo proprio sicuri che queste risposte ci siano? Fino a che punto la teoria economica della massimizzazione dei profitti e dell'efficienza produttiva possono spingersi, prima che ci si accorga che lo scambio costi-benefici non è più conveniente? Questo è il momento dello choc radicale. La tecnostruttura si sfalda, la macchina della burocratizzazione si inceppa. Crolla la fiducia nei rappresentanti, le bolle speculative del libero mercato scoppiano riversando il nulla dei loro contenuti, fittizi in proporzione al loro rigonfiamento e al rumore della loro esplosione. Nel radical choc tutto perde di credibilità, sono le fasi finali dell'accelerazionismo visto come innesco di una deriva incontrovertibile. Le ideologie e gli ideali perdono la loro connotazione. Ci si rende conto che tutto è stato funzionale per gonfiare un sistema destinato a disintegrarsi perché svuotato dei suoi stessi presupposti. Ci si rende conto che anche la conoscenza è stata finalizzata e sacrificata alla legge dell'utile materiale e allora non resta nulla. E se Teoria della classe disagiata si concludeva con una lettera di un giovane Marx studente, piena di idealismo, speranza e di fiducia nelle virtù morali degli esseri umani, "Considerazioni di un giovane in occasione della scelta di una professione", questo ultimo choc è piuttosto disincantato, non trova più appigli, non trova offerte alternative minimamente credibili. È una malattia endogena. Ma come quando l'apice di una crisi porta alla rivoluzione e poi a una palingenesi, qui si potrebbe anche scoprire che è stato divorato tutto e che della ripartenza non ci sono più nemmeno i semi.

Romina Baldoni

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