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4 Marzo 2013 ,

Fargas In balia di un dio principiante


fargasVerso la fine dello scorso anno uscì un album, recensito dal sottoscritto su Distorsioni Net, dal curioso titolo "In balia di un dio principiante" (per l' etichetta Snowdonia). Qualche giorno fa ho scambiato quattro piacevolissime chiacchiere con Luca Spaggiari, leader (ma lui non amerebbe questo termine) dei Fargas, la band titolare del disco suddetto. Si è parlato naturalmente del suo progetto musicale, del futuro, e di tante altre cose.

 

 

 

L'INTERVISTA

 

Andrea Fornasari (Distorsioni) -  Luca, domanda di rito: ci racconti come nasce il progetto Fargas e chi sono gli altri componenti della band?

Luca Spaggiari (Fargas) - I Fargas sono sempre stati un nucleo variabile. Esistevano nella mia testa dal 2002, anno del primo EP “La grande Onda”. Hanno avuto una pausa dal 2003 al 2006 di silenzio totale per motivi miei personali, fino a che non ho riscoperto il piacere di condividere la mia musica con qualcuno, più precisamente Alberto Urbelli, all'epoca cantante e chitarrista, oggi una macchina del tempo alla batteria. Registrammo così il concept romanzo/album “Nozze di strada”, suonando a quattro mani tutti gli strumenti. Si aggregarono in un secondo tempo Davide “Canna” Canalini al basso e Pip Carter alla elettrica. Ambedue musicisti di impagabile talento e grande esperienza, già compagni di band nei Suns. Assieme abbiamo arrangiato ed inciso questo ultimo “In balia di un dio principiante”, oltre ad altre 17 tracce che faremo uscire piano piano nel tempo, solo perchè non rimangano inutili inediti. Il 2013 vedrà cambiamenti, Pip Carter continuerà a collaborare ma terminerà con noi l'attività live. Ad oggi infatti stiamo studiando l'evoluzione della band, nel frattempo io, Alberto e Canna siamo in studio per il nuovo disco.

 

 

fargasCome sieti arrivati a Snowdonia?

Snowdonia. Beh, questa è una cosa curiosa. Io inviai loro un provino dell'album. Ho sempre adorato questa label, è l'unica etichetta di “rottura” del panorama italiano, Alberto e Cinzia fanno le rivoluzioni in silenzio. Passano i mesi e l'album pare terminato e noi pronti ad uscire da soli, quando, una mail di monsieur Alberto Scotti  mi dice di aver ritrovato un pacchetto postale ancora chiuso in un cartone con il cd dei nostri provini, di averlo ascoltato e che gli era piaciuto. Probabilmente ad invecchiare in cartone la musica era migliorata, una forma di botte di rovere per i dischi, poi, diciamocelo, un cartone siciliano è sempre migliore. Piccola curiosità: io, Alberto e Cinzia non ci siamo mai visti personalmente. Penso ceneremo assieme un giorno.

 

Alcune delle influenze a livello cantautorale (mi riferisco soprattutto al tono della voce), mi sono sembrate molto chiare (spero): Rino Gaetano e il Francesco De Gregori più rockeggiante, ad esempio. Ce ne sono altre, diciamo, meno evidenti?

Sicuramente sono stato, e lo sono tutt'ora, un estimatore di De Gregori e Gaetano, maggiormente per le loro composizioni rispetto alle loro voci; discorso valido anche per Lucio Dalla. De Gregori dormiva in un hotel nella camera a fianco alla mia nel 1979, io avevo 2 mesi, durante il tour di “Banana Republic”, ed una mattina mi accarezzò, dicendo a mia madre “che graziosa bambina”. Oltre la barba rossa che nella mia famiglia ho solo io, ho sempre sperato nella trasmissione di qualche gene. Comunque Francesco, sicuramente leggerai questa intervista, quindi, sappi che ti ho perdonato per la gaffe. Dalla  ho avuto il privilegio di conoscerlo e di cucinare per lui a casa di un amico comune, una cena molto lunga, ricordo lui in canottiera con un improbabile abito gessato bordeaux . C'era molto caldo. Bevemmo e ridemmo molto . Mi parlò di automobili, cibo, viaggi. Lo reincontrai un paio di mesi dopo prima di un suo concerto, mi chiese di ripetere la cena alla prima occasione. Non gli ho detto mai che ero musicista e scrivevo canzoni, forse il rimorso, forse no. A parte tutto non ho riferimenti precisi. Amo il buon cantautorato italiano, amo il rock ed il garage, amo il pop ben arrangiato  e l'elettronica usata in modo minimale, con finezza, fanno schifo tutti gli “indies” che sostengono di essere cantautori solo perchè hanno un'estetica di moda, vorrei essere Steve Windwood.

 


fargasL' afflato 60's che pervade il lavoro (amore, quello per i sessanta, apertamente dichiarato dalla band), non solo a livello musicale ma anche per quanto riguarda l' immaginario estetico complessivo, è frutto di "semplice" nostalgia per l' epoca o anche di una precisa cifra stilistica?

Come non avere un po' di nostalgia dei '60? In questo caso le colpe si possono ripartire. A Marco Scozzaro, grande amico e grande fotografo di casa a Brooklyn, diamo la colpa dell'immagine. Lui, dopo aver ascoltato l'album, ci ha visti così, con una foto completamente al di fuori dagli schemi contemporanei, fuori dal mondo dei “tutti fotografi” grazie ai telefonini moderni. Un'immagine potente, chiara, limpida, forte, come le copertine dei dischi del passato. Per quanto riguarda la musica invece diamo la colpa a Pip Carter negli arrangiamenti chitarristici. Un mondo  visionario e colorato che si intreccia sempre con curiosa coerenza con le mie composizioni, uno degli ultimi veri beat rimasti. Io sono colpevole perchè amo ancora oggi ascoltare dai Traffic ai Corvi passando per Endrigo.

 

Ho notato anche un approccio (molto apprezzato, fra l' altro) più garage o comunque indie-rock in certi intrecci chitarristici "sporchi e rumorosi" accanto a composizioni decisamente più pop: una scelta o una direzione imprevista dettata, magari, da altre influenze?

Noi siamo soliti suonare in prova con largo spazio all'improvvisazione, cosa che spesso ci concediamo anche live. Non abbiamo mai cercato virtuosismi con lo strumento, ma poche note ben incastrate. Ritengo che il tasso emozionale debba essere sempre oltre ogni tecnica. Una grande passione? Neil Young. Assolutamente il mio chitarrista di riferimento.

 

Personalmente ho riscontrato una grande cura negli arrangiamenti, nella scelta di sonorità non prettamente chitarristiche (piano, organo), per i dettagli sotto-traccia: tutte cose che mostrano chiaramente un potenziale di scrittura anche superiore. Quali sono le intenzioni per il futuro?

Un nuovo album per maggio. Io abbandonerò parzialmente la seconda chitarra per dedicarmi nuovamente dopo anni al piano e l'organo. Sarà un disco differente. Decisamente più personale, forse, in un certo modo un album meno “da band”. Ho rimesso le mani sui tasti bianchi con dedizione causa un caro amico, Nel Dubbio, un vero maestro dello strumento; lui, senza propormelo, mi ha convinto solo suonando nelle jam session a Private Stanze.

 

 

Qualche ascolto attuale o recente che ci vuoi rivelare?

Sarò un po' duro. Non ho ascolti attuali di musica in Italia. Non riesco a trovare nulla che mi entusiasmi. Sono una persona emozionale ma anche severa, con me stesso e con altri. Sento solo produzioni fatte per fare, per suonarle di fronte ai 20 hipsters amici che ci si porta dietro, senza mordente, senza significati oltre all'amore, spesso addirittura in inglese. Ma siamo impazziti? Se io facessi il Tuo mestiere di giornalista mi rifiuterei di ascoltarli o addirittura recensirli. L'uso della parola è importante. Ne basta anche una, ma deve essere perfetta in quell'istante musicale. Questo vale sia per grandi che per  piccoli nomi. Sulla scena internazionale mi trovo un po' più a mio agio per il momento, ma sono titubante a fare nomi. Probabilmente è un segno dei tempi di recessione, anche la musica è povera e si ripete in sterilità. Sono tutti in lotta ma senza significati veri da perseguire. Come ascolti recenti andiamo in Francia, Leo Ferrè: tutto, Jacques Brel: tutto, Serge Gainsburg: “Histoire du Melody Nelson”. Oggi che nevica e pare di essere in un mondo migliore, sto ascoltando John Cale: “Paris 1919”.

 

Hai seguito la recentissima kermesse sanremese?

Sanremo? Beh, ho seguito la prima serata per intero. Parlerò solo dell'aspetto musicale. Nessuno, proprio nessuno, era degno di quel palco. Ho avuto il privilegio di essere citato da un blog come uno dei “10 artisti” che avrebbero dovuto esserci per contribuire alla qualità della kermesse. La cosa mi ha fatto veramente molto piacere, ci sarei andato a testa alta se ne avessi avuto l'opportunità, Alberto Scotti so che mi avrebbe seguito, non personalmente, per perpetuare la tradizione, ma da casa, con una Peroni ed una frittata alla cipolla, come solo i maitre a penser sanno fare. Penso però avrei reagito come Luigi Tenco. I brani li ho trovati quasi tutti vergognosi, salvo appena Silvestri che comunque è stato sottotono, di maniera. La mia non è una presa di posizione con il festival. Credo che da lì siano uscite grandissime canzoni e grandissimi autori, ma non quest'anno. In realtà, ho appena detto che ci sarei andato ma, francamente, non amo le competizioni, in particolare se sono interne, emotive, come facilmente si sviluppano in quelle situazioni. Sono pericolose. Non so come avrei potuto reagire. A Sanremo sarei Tenco. Al Tenco sarei Sanremo.

 

 

fargasUn paio di libri e di film che assolutamente fanno parte del tuo immaginario artistico, qualcosa che ti ha profondamente influenzato nella scrittura.

Questa domanda è di una difficoltà straordinaria. Proviamo: per i libri sopra ogni altro Saramago “Cecità” , Bulgakov “Il maestro e Margherita”, Sartre “La nausea”.

Films: Bertolucci “Novecento”, Lean “Dottor Zivago”, Olmi “Il segreto del bosco vecchio”, Ferreri “La grande abbuffata” oltre al cinema italiano degli anni 50 e 60, troppe citazioni, generalizzo.

 

Nel ringraziarti per la disponibilità, concludo: c' è qualcosa che vuoi aggiungere?

Siamo dentro al progetto Musicraiser. Ci stiamo provando, per poter stampare in vinile il nostro prossimo album. Purtroppo i costi di produzione sono enormi e le entrate spesso non arrivano a coprire le spese. Siamo a chiedere quindi a tutti gli amici e fan che ci dicono da anni “allora quando lo stampate il vinile che lo preordino subito?”.  Bene: ecco la possibilità. Cercate Fargas su Musicraiser. Se la musica non si vende, purtroppo, non si può produrre. Aggiungo solo una piccola cosa. Sto aprendo una minuscola etichetta chiamata “Private Stanze”. Lo scopo non sarà lavorare con i Fargas, almeno inizialmente, ma di registrare EP di  grandi autori rimasti nell'ombra solo perchè non hanno le amicizie delle mafiette del circuito indipendente oppure non sono stati gentili con il musicista giusto. Per ora abbiamo registrato con Verde Naif ed Hibou Moyen. Siamo molto contenti. Sono contrario a quelle “guerre fra poveri” che si fanno i musicisti “indie”. Sono altresì contrario alle ipocrisie ed alle amicizie di interesse. Sono favorevole ad un cambiamento. Sono pessimista. Se ci sarà una rivoluzione, mi troverà, comunque.

Andrea Fornasari

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