Fargas IN BALIA DI UN DIO PRINCIPIANTE
[Uscita: 17/09/2012]
Se siete in cerca di novità, nel senso di innovazione, sperimentazione o "cose strane", allora voltate pagina, in quanto sono gli stessi Fargas a chiarire, da subito, la questione: "cervelli e cuori a bollire in una zuppa fine anni '60. Nostalgia? No. Feconda nostalgia. Feconda, sciocca, eccitante, tristissima, auto-referenziale nostalgia". Tutto il resto dovrebbe svilupparsi di conseguenza, ma è davvero così? La tesi iniziale non si dimostra certo lontana dalla realtà, in quanto tutto l' album affonda le proprie radici dentro sonorità (e cultura) tipicamente 60's, con le sue robuste ballate ed il cantautorato che fa pensare tanto a Rino Gaetano, quanto al De Gregori più rock ed elettrico, ma è anche vero che l' approccio assolutamente indie alla materia, fa sì che il risultato finale sia diverso dalla mera somma delle parti: più "sporcizia", più intensità, più garage. Con lievi pennellate di pop psichedelico a fare da contorno.
Si può trovare, quindi, una trascinante Venature di perle accanto ai toni rilassati di Mela di cartone, passando per cantautorato dal sapore un po' blues, fino ad arrivare al bellissimo pop squisitamente 60's di Dolce amica, con la sua melodia tipicamente estiva e il coretto appiccicoso: la più solare e carica di nostalgia al tempo stesso. Il sound generale è molto chitarristico, con intrecci niente male che a volte sconfinano nel garage più rumoroso (Rogo a Parigi), dai risvolti quasi psichedelici e la voce che si sgola. Interessanti i piccoli effetti sotto-traccia, ad arricchire l' arrangiamento, grazie a synth, organo e pianoforte: Francesco è una ballata per piano e chitarra acustica, delicata ma in crescendo. Quando osano di più, come in Nuovi paesi, il risultato è molto buono: suoni distorti e sospesi e, di conseguenza, più atmosfera.
La conclusiva Con te passerà l' Estate è breve ma intensa, pianistica e sognante. Insomma, viste le premesse, ci si aspettava qualcosa di più "rigido" e catalogabile, mentre in realtà il lavoro offre varietà pur mantenendosi fra le coordinate sopracitate: nessuna rivoluzione ma nemmeno il tedio che sta sempre in agguato quando si parla di revival. Un disco piacevole, con qualche perdonabile momento di stanchezza, di già sentito (ma, ripeto, qui nessuno voleva farlo strano) ma che nell' insieme regge grazie al buon gusto negli arrangiamenti e all' impegno della band: una dichiarazione d' amore più che di nostalgia. Ma è vero che in ogni confessione fatta con il cuore in mano c'è posto per tutti i sentimenti, spesso anche quelli contrastanti.
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