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30 Agosto 2014 ,

Morrissey WORLD PEACE IS NONE OF YOUR BUSINESS

2014 - Harvest/Capitol
[Uscita: 24/07/2014]

morrissey                                                 # Consigliato da Distorsioni 

Cinque anni di attesa dal precedente e pregevole “The Year Of Refusal”, ma ne valeva la pena; il vecchio Moz ha colpito ancora con l'album più maturo e probabilmente migliore della sua carriera solista. Se giocassimo alle recensioni in due righe questa potrebbe finire qui, in realtà l’album è talmente ispirato, variegato e complesso che qualche altra parola è necessario spenderla. Prima di tutto sugli arrangiamenti, qui mai così curati, così funambolici, così caleidoscopici ed eccessivi al limite del kitsch. Basterebbe segnalare la sola Neal Cassady Drops Dead, un piccolo spaccato sulla beat generation che parte con la chitarra più incazzata di sempre nella storia del Moz per poi aprirsi a un assolo di elettrica fuzz che viene doppiato da un altro di chitarra acustica  flamencosa apparentemente fuori luogo. Ma tutto il disco è così: nelle diciotto canzoni dell’edizione deluxe di questo decimo album dell’ex cantante degli Smiths - prodotto ottimamente da Joe Chiccarelli (Strokes, Alanis Morisette, U2 e altri) - si ode di tutto e di più in una lussureggiante bizzarria strumentale, fisarmoniche francesi, fiati messicani, voci di soprano, atmosfere latine, fischietti, trombe da corrida spagnola, tastiere sibilanti e tintinnanti, battiti di mani, scoppiettii, orchestre d’archi, voci parlanti in sottofondo, chitarre flamenco e persino rumori sotterranei non identificati.  

 

morzLa magia è che questo variegato marasma di suoni si amalgama alla perfezione mettendosi al servizio dei brani di gran lunga migliori che Morrissey abbia generato dopo essersi messo in proprio, e che mai come prima sono canzoni assolutamente a là Smiths con la sostanziale differenza che la voce del nostro non è mai stata così calda, pastosa e misurata, dimenticando i gorgheggi strozzati dei primi album con Johnny Marr & Co.. Si propone invece quasi come un moderno crooner che al di là di certo fiacco sentimentalismo dei suddetti album canta ancora una volta di quei temi forti e scomodi che Moz non si è mai fatto mancare: l’animalismo, nei due minuti di compiaciuto sarcasmo per la morte di un torero in The Bullfighter Dies; l’indifferenza del cittadino medio (inglese), capace solo di pagare supinamente le tasse e di andare a votare senza curarsi dei grandi problemi del mondo nella tormentata Former Smiths frontman Morrisseytitle track; i rapporti umani, tra un padre e un figlio nella splendida Istanbul o tra marito e moglie nella pomposa Kick The Bride Down the Aisle; il socialmente civile in Mountjoy nome del carcere irlandese dove erano detenuti i militanti dell’IRA. Un album che risulta essere il più geograficamente variegato di Morrissey, nei suoni, dei quali abbiamo già detto, e che si muove, anche nei testi, dalla Spagna all’Irlanda, dalla Turchia agli Usa fino alla bellissima Scandinavia e che ancora una volta, se qualcuno l’avesse dimenticato, dimostra l’ironico e disilluso anticonformismo del musicista inglese dichiarato a gran voce con le sue metafore sul potere dominante impossibile da sconfiggere e sui malesseri della società.

 

morrisseyUn album di magnifiche canzoni incorniciate da suoni contaminati e audaci, che se mai ce ne fosse stato ulteriore bisogno, certifica l’ingresso di Morrissey tra i grandi della storia della musica: è difficile estrapolare brani migliori di altri in questa sequenza di storie e immagini tutte ampiamente sopra la sufficienza; volendo proprio sceglierne un terzetto la simpatia di chi scrive va alla già citata e suggestiva Istanbul, alla pregevolissima, malinconica e raffinata Oboe Concerto, amara riflessione sull’età che avanza, che chiude il cd nella versione standard, e dove non è difficile immaginarsi unMorrissey invidioso Bryan Ferry che si morde le mani per non averla scritta lui, anche per lo splendido solo di oboe e il finale repeat entrambi tipici dei vecchi Roxy Music. Al primo posto il gioiellino Staircase At The University, il brano più Smiths del lotto, dall’incedere ininterrotto e palpitante che racconta del suicidio di una ragazza oppressa dai genitori che pretendono un impegno scolastico assoluto. Un album bellissimo quindi, ma in fondo difficile, che bisogna scardinare col grimaldello dell’ascolto ripetuto per sfuggire alla trappola del “mi sembrano tutte uguali”, e che necessita di essere centellinato come un ottimo vino d’annata sorso dopo sorso, ascolto dopo ascolto, scoprendo ogni volta un nuovo sapore nascosto.

 

Voto: 8/10
Maurizio Pupi Bracali

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