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20 Dicembre 2021

Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp We’re OK. But We Are Lost Anyway.

2021 - Bongo Joe
[Uscita: 02/07/2021]

Giunto al quinto album, “We're OK. But We Are Lost Anyway”, il collettivo svizzero, Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp, che col suo bizzarro nome vuole celebrare sia le orchestre di Afrobeat che lo spirito caustico del Dadaismo, pubblica un lavoro che sta entrando in molte playlist di fine anno. Lo scopo dichiarato del gruppo, che ha un numero di membri variabile da sei a quattordici, sempre presenti solo il fondatore Vincent Bertholet (contrabbasso) e la violinista e cantante Liz Moscarola, è distruggere il capitalismo: ci riuscirà? Sicuramente questi estrosi musicisti riescono a dare sollievo alle nostre orecchie e al nostro senso estetico, messi troppo spesso alla prova da troppe brutture. La musica dell'Orchestra è qualcosa di indefinibile (e sarebbe strano il contrario, dato che è onnipotente), merce sempre più rara al giorno d'oggi: ci troviamo il ricordo del Rock In Opposition più fantasioso, ritmi kraut, il folle punk jazz degli Ex, un cantato che piacerà a chi vive nel mito di Young Marble Giants, Slits, Stereolab, Broadcast (chi scrive, of course), sprazzi di archi classicheggianti, tanto humour e soprattutto tante marimbe, strumento simbolo del gruppo. Il disco è piuttosto breve, 36 minuti e 42 secondi, e lo sembra ancora di più dati il ritmo e la facilità con cui scorre. L'iniziale Be Patient è neoclassica nel suo sovrapporsi di archi, ed evolve nel rumorismo che accompagna un cantato straniante; è un antipasto fuorviante, poiché già dalla seguente Empty Skies il ritmo si fa altissimo, sostenuto dai riff dei tromboni (quelli veri, non quelli che pontificano in tv) e dalle incessanti marimbe, con le voci sempre un po' estraniate che dialogano con chitarre acide. So Many Things è tribalismo puro, sembra di tornare ai tempi della new wave più ispirata. Molto bello il contrasto tra archi e fiati in We Can Can We: il disco dà in generale una forte idea di spontaneità, di improvvisazione, ma la scrittura delle sezioni è perfetta, i ritmi sincopati sono tumultuosi ma mai caotici. Flux è un raro momento malinconico, seppur sempre molto ritmato, Beginning è il vertice del disco: festosa, con chitarre antiquate, percussioni rotolanti, i fiati che si fanno macchina ritmica incontenibile e cori trascinanti. Un disco gioioso, ricco di spunti, a suo modo originale, per quanto si possa esserlo con un secolo di musica alle spalle (rispetto al precedente, pur ottimo, “Sauvage Formes”, si allentano le eccessive aderenze al modello Stereolab). Consigliato caldamente a chiunque ami la musica senza frontiere e senza (o con moltissimi?) aggettivi.

Voto: 8/10
Alfredo Sgarlato

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