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26 Dicembre 2020 , ,

Amirali Trial & Error

2020 - Dark Matters
[Uscita: 24/11/2020]

Di questo talentuoso artista concettuale di origini iraniane ma canadese d’adozione, Amirali Shahrestani, perso nei perigliosi e vorticosi gangli dell’elettronica, forse taluno ha già sentito parlare, soprattutto in ragione di un album del 2012, “In Time”, che lo ha consacrato come uno dei migliori talenti del panorama internazionale. A tal punto che il suo apporto è stato richiesto da numerosi prestigiosi musei di ogni parte del mondo per installazioni sonore (a Berlino, Londra, Vienna, Bilbao, Mosca, e persino in Brasile), sebbene il cuore pulsante della sua produzione sia rappresentato dai dischi. E per l’appunto, del suo ultimo lavoro, “Trial & Error”, uscito per la Dark Matters, veniamo a scrivere. Quindici frammenti per la durata complessiva di ottanta minuti di variegato tessuto sonoro, trapuntato da segmenti di elettronica pura, ambient, glitch, avant-garde, techno, non senza momenti di intenso lirismo vocale. Un album che s’annuncia intrigante già dalla traccia inaugurale, Inclination, in pieno stile sperimentale, con intarsi di tastiere elettroniche che entrano come schegge infuocate nei reticolati della mente. Così come di taglio industrial è Worried Crazy, battiti di un cuore artificiale sincopato, su una base vocale che rimanda idealmente ai formidabili Bauhaus di Peter Murphy o ai temibili Clock DVA del folle Adi Newton, medesima scia sonora che si dipana ancora in Dry Cry, con note di piano che intersecano una voce disumanizzata e dolente entro una selva di disarmonie robotiche. Non mancano frammenti di crepuscolare abbandono lirico dai colori pastello sotto cieli color malva, come in Dance With My Echo, splendido affresco di morbida pittura virtuale ad opera di un’intelligenza artificiale, o in Baare Akhar – Mehrad Hidden, con la voce di Amirali che intesse ghirlande di suggestioni techno-pop declinate in melanconica quiete. Il livello sperimentale torna a dominare il proscenio in brani come Moments, con staffilate di electronics che squarciano il drappo poetico ordito dal piano, o nei toni sintetici da ‘scuola di Berlino’ di A Thousand Ways To Die – darker, con tanto di voce femminile a insinuarsi tra i solchi. L’inserto di un violino, sfregiato da dissonanze come originate da un nastro prossimo a spezzarsi, connotano la accattivante linea melodica di Shallow Grief, uno dei segmenti più riusciti dell’intero albo, mentre in We Always Fade Away – Aboutface, su una inquietante base ambient si inserisce la voce del Nostro, come proveniente da profondità arcane, prima di lasciare spazio ad atmosfere di puro delirio alla Tangerine Dream. L’anima avanguardistica torna in assoluto rilievo in tracce quali Saviour e Dive, mentre, come scivolando lungo ondulati pendii digradanti verso mari immaginari, si dipanano in pulviscolo stellare i due frammenti finali, Axiom e Last Secrets, a degno suggello di un disco di grande spessore artistico.

Voto: 8/10
Rocco Sapuppo

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