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15 Ottobre 2020

L.A. Witch Play With Fire

2020 - Suicide Squeeze Records
[Uscita: 21/08/2020]

Il voodoo delle L.A. WITCH ci ha stregati per la prima volta nel 2018 con il loro debutto self-titled. Benché odorante degli stordenti assalti elettrici marchiati Stooges e delle nefandezze notturne dei Cramps, il loro calderone di letargico lo-fi garage e graffiante heavy rock traspariva fresco ed elegante attraverso il gusto femminile dal sapore di eyeliner e di gonne di pelle. Con il loro secondo album “Play With Fire” (Suicide Squeeze Records), le fattucchiere più ammalianti della città degli angeli rivestono con fiducia i panni di sfrontate "bad girls" producendo un lavoro esponenzialmente stratificato e più strutturalmente complesso del suo minimale predecessore. La opener Fire Starter getta immediatamente benzina sul fuoco servendosi della foschia termica della chitarra elettrica di Sade Sanchez, strumento centrale del disco: una scarica di adrenalina, altalenante tra rapide progressioni garage e intermezzi governati da sei corde tanto distorte quanto dissonanti. L’attitudine garage risuona attraverso la spina dorsale dei primi pezzi, inflessibili nella decisa forza motrice della batteria di Ellie English e del basso di Irita Pai. Le WITCH sembrano determinate a definire il perimetro delle proprie sonorità, rendendo il loro rock n’ roll atmosferico e spazioso tramite l’ausilio estensivo di reverbero (Motorcycle Boy, Maybe The Weather) e l’introduzione di strumentazioni più variopinte, quali la 12 corde e l’organo vintage (Dark Horse). Il singolo di punta I Wanna Lose è l’archetipo del loro spirito: una dichiarazione di attitudine assoluta, centrotavola incandescente da cui si diradano le fiamme dell'album. "Io controllo me stesso, nessun altro”, inneggia la band tra riff di chitarra spaghetti-western ed esplosivi uno-due di accordi, in uno sputacchio punk quasi arrogante nella sua sicurezza. A primo impatto, la tetra energia di “Play With Fire” vibra a frequenze più intense rispetto al suo predecessore. Tuttavia, una volta liberi dalla bruciante stretta dello sprint iniziale, la seconda metà dell’album inizia a cadere sotto i colpi della stanchezza e della ridondanza, come se il terzetto californiano non riuscisse ad espandere il proprio potenziale oltre il proprio limite stilistico. Al termine dei primi 15 minuti, la formula sicura delle WITCH muta in direzione del monotono e dello stucchevole, perdendosi in ritmi soporiferi (Gen Z), progressioni prevedibili ed inconcludenti (Sexorexia), attacchi di distorsione ormai abusati, e raptus noise non identificabili, chiudendo il disco in un rimbombante scontro di fuzz e feedback (Starred). Con questo secondo lavoro, le L.A. Witch servono un piatto che si fredda velocemente gustandolo. La loro è una fiamma impulsiva che arde in fretta; una seconda prova ambigua che lascia un po’ d’amaro in bocca.

Voto: 5/10
Gabriele Bartoli

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