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28 Marzo 2022

Absent In Body Plague God

2022 - Relapse Records
[Uscita: 25/03/2022]

Nel 2017 Mathieu J. Vandekerckhove degli Amenra e Scott Kelly cantante/chitarrista dei Neurosis danno vita a Absent In Body, una creatura musicale molto simile a un virus per la capacità di mutare continuamente e adattarsi alla pressione sonora da sprigionare. Le caratteristiche sono quelle che informano quasi tutti i progetti di avanguardia degli ultimi anni nel campo della musica estrema: poliedricità, buona inventiva, materiale sonoro sulfureo, vena compositiva piuttosto sofferente e attenzione al contesto sociale. “Plague God” tuttavia si fregia di elevare il suo coefficiente di fascino rispetto ai suoi omologhi per la capacità di andare alla radice dei suoni e mostrane l’elemento non ulteriormente riducibile in un processo che forse potremmo definire addirittura di radicazione e al quale indubbiamente concorre la presenza alla batteria di Igor Cavalera, ex Sepultura. Inconfondibili mano e piede in Rise From Ruins, che apre il disco e il discorso intorno alla qualità del vivere contemporaneo. Il tutto aggiungendo decadenza alla decadenza, colpi di pedale dritti all’intelligenza e riff così pesanti da arare la terra. Purtroppo l’attitudine da disco del decennio dura poco e tutto si incanala in alvei meno straordinari. D’altra parte sarebbe impossibile mantenere aperto l’abisso di inquietudine nel quale ci eravamo affacciati per i quaranta minuti scarsi di cui si sostanzia l’album prodotto con maestria da Tim de Gieter (Amenra). Il resto del disco si inerpica tra terreni più o meno scoscesi, tra lande più o meno desertiche e sofferenze più o meno lancinanti, ma senza mai lasciare veramente il segno nella carne che pure vorrebbe essere l’oggetto del discorso musicale di Absent In Body. La pesantezza del doom è scolpita a tinte forti in ognuna delle quattro tracce di “Plague God” e qui e lì si sentono echi provenire da musicisti amati, come succede per i Cult Of Luna nel corpo di In Spirit In Spite. Tutte le sfumature della tecnica vocale del metal sono percorse con sapienza e un pizzico di vanità, come nel doppio registro dello scream che fa la sua tutt’altro che timida comparsa in The Acres /The Ache sorretto dal pedale potente di Cavalera, qui in stato di grazia. Tra ispirazioni quasi-reading e una forte tendenza industrial (The Half Rising Man) il lavoro si chiude quasi accartocciandosi su stesso e sulla sua malinconia senza trovare veramente né l’impossibilità della redenzione né l’assolutezza della disperazione. Un disco ambizioso e riuscito solo a metà, ma dal quale – viste le personalità in campo – ci si aspettava qualcosa di più della ottima mise oscura mostrata.

Voto: 6.5/10
Luca Gori

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