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28 Novembre 2014

…And You Will Know Us By The Trail Of Dead IX

2014 - Superball Music
[Uscita: 20/11/2014]

USA                                                                           # Consigliato da Distorsioni

and you wull know folderNono album, ci dice il titolo, per una storia lunga come il nome che si sono scelti. Una storia che comincia in Texas nel lontano 1998 e che ha rischiato di arrestarsi dopo il terzo, bellissimo lavoro, nel 2002, ma che, invece li ha condotti fino ad oggi, tra bruschi cambiamenti di formazione e genere musicale, prove lodevoli e altre discutibili in un ottovolante creativo che ha toccato i lidi del punk, del progressive, del folk, della psichedelia. Della formazione iniziale restano in pista Conrad Keely e Jason Reece, entrambi polistrumentisti, con una propensione per chitarre e voci, coadiuvati al basso da Autry Fulbright II e alla batteria da Jamie Miller, un classicissimo “four piece combo”, che sembrerebbe indicare un’attitudine dichiaratamente rock, senza tanti fronzoli. Ma, senza smentirsi, i nostri si dimostrano altrettanto capaci di scrivere possenti, epiche rock songs quanto abili nel comporre più intricati poemi sonori e, sarà la raggiunta maturità, o l’affiatamento di una line up ormai collaudata, senza che un’attitudine vada a scapito dell’altra. Il disco si apre con un terzetto di pezzi mid-tempo, costruiti sul potente tappeto percussivo della batteria che sostiene il “wall of sound” delle chitarre e delle tastiere, mentre la melodia è affidata al cantato. Nel secondo pezzo, Jaded Apostles, la batteria adotta un andamento galoppante, riecheggiando atmosfere celtiche. Esaurito il rodaggio, il gruppo piazza un primo “atout” con il quarto pezzo, Lie Without A Liar, un esempio di jangle-pop sinistro, che esplode in un crescendo lirico pirotecnico.

 

largeQuesto modo di costruire le canzoni è un po’ il marchio di fabbrica di …And You Will Know Us By The Trail Of Dead, e infatti il gioco si ripete, anche se con minore efficacia, anche nella seguente The Ghost Within. Si prosegue con The Dragonfly Queen, ballatona in cui compaiono gli archi, che sono protagonisti anche in How To Avoid Huge Ships, uno strumentale dal crescendo quasi sinfonico, che sfocia nella cinematica Bus Lines, storia di viaggi, solitudine e nostalgia. Un gran pezzo, per la cronaca, con un finale ancora una volta vulcanico. Al quale segue la lunga (7 minuti abbondanti), possente Lost In The Grand Scheme, testimone dell’abitudine dei nostri a portare i propri pezzi a vertici quasi parossistici, per poi tornare alla base e ripartire verso cuspidi ancora più violente. Ancora una volta, un pezzo fantastico. È poi il turno di Like Summer Tempests Came His Tears, ancora uno strumentale guidato dagli archi verso un crescendo finale, ad introdurre l’ultimo brano, Sound Of The Silk, che parte con un gioioso psych-pop, si va a infilare in uno strano labirinto percussivo, per spararci in orbita con un finale a chitarroni spiegati. Da quanto detto qui sopra è chiaro che il disco ci è piaciuto parecchio, per la capacità tutta pop di coniugare l’ascoltabilità con la qualità del materiale. Una sola avvertenza: non è un disco che entra subito nelle orecchie, richiede qualche ascolto per esserne conquistati.       

Voto: 7/10
Luca Sanna

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