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19 Settembre 2020 ,

Worldservice Project Hiding In Plain Sight

2020 - RareNoise Records / Goodfellas
[Uscita: 25/09/2020]

Giunto al quinto album e con una formazione ancora una volta rimaneggiata (e ce ne fossero di questi rimaneggiamenti!), ma sempre sotto la guida del tastierista, cantante e compositore di tutti brani Dave Morecroft, il britannico Worldservice Project propone una sorta di neanche tanto velato concept album il cui tema è la disillusione verso una politica approssimativa, verso il sociale che non è più tale e contro i leader politici falsi, mentitori e incapaci. Tutto questo si evince dai titoli dei brani e dalla musica, prevalentemente strumentale, rabbiosa, acida e tagliente in una sorta di jazz-punk con influenze funky e free-jazz e con aperture più liriche e ariose che ricordano anche momenti dei gloriosi gruppi britannici del jazz rock degli anni ’70 come i Colosseum che fanno momentaneamente capolino in Deeper che all’afflato lirico affianca momenti di convulso free-jazz, complice anche il trombone dell’ospite Kieran McLoud presente in altri tre dei nove brani dell’album. Ad affiancare il leader troviamo invece il sassofonista Ben Powling che divide con le tastiere di Morecroft il fardello delle situazioni solistiche mentre i due della sezione ritmica, Arthur O’Hara al basso e Luke Reddin-Williams al drumming, formano la potente ossatura sulla quale si muovono i solisti. E se Sex, Lies, Lies, And Lies è un brano particolare che si discosta dagli altri essendo un recitato in italiano (con un accento inglese senz’altro più accettabile di quello di Shel Shapiro) sulla base di un sax elegiaco, che inveisce contro i mali del mondo a cominciare da Trump (l’arancione americano) e sulla cattiva politica in generale (Morecroft vive a Roma, dopo la brexit voluta da Boris Johnson che il tastierista depreca in modo particolare), Where I Am? ha una scansione prettamente rock, The Higgly Giggly Wiggly Woo è una marcetta filastrocchesca con vocine e atmosfere zappiane mentre Europhiles vede ancora l’intricato intrecciarsi di sax e trombone che si accavallano, si superano, si separano e si riuniscono felicemente. Dopo ancora alcuni brani tutti più che degni di nota per quanto validi (Vendetta vede il suo titolo programmatico in italiano), segnaliamo le due perle più lucenti di un album assolutamente brillantissimo, The Kipper And The Pork Pie che probabilmente in modo inconsapevole rinverdisce i fasti dei nostrani Area con un scansione tastieristica “pesante” e concentrica che ricorda immancabilmente i fraseggi Fariselliani del periodo aureo del gruppo milanese e la lenta e meditativa Onward che nella splendida trama avvolgente ricorda lo Zappa più jazzisticamente melodico (periodo “King Kong” e dintorni) se non anche i Soft Machine più tranquilli (periodo “Seven” e dintorni) e che conclude un album bellissimo, nuova dimostrazione del talento e dell’intelligenza musicale del leader e dell’assoluta validità strumentale dei quattro (più uno) musicisti. Breve (solo 35 minuti) ma intenso e anche di più.

Voto: 8/10
Maurizio Pupi Bracali

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