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9 Luglio 2020

Public Practice Gentle Grip

2020 - Wharf Cat Records
[Uscita: 15/05/2020]

"Gentle Grip" è il titolo del primogenito album targato Wharf Cat Records dei Public Practice, uno dei più eclettici quartetti newyorkesi ad essere emersi dall’affollato revival art-rock della grande mela. La line-up è composta da nomi già sentiti all’interno della  ramificazione più indie della scena: l’accattivante front-woman Sam York e il suo architetto sonico Vince McClelland (ex-membri dell’outfit hardcore WALLS), aiutati in questo progetto da Drew Citron al synth/basso e dal batterista/produttore Scott Rosenthal (entrambi reduci da una militanza nell’outfit pop Beverly). Il sound della band riassume all'incirca le varie sfumature della scuola musicale newyorkese di fine anni '70, rievocando le band new wave che in quegli anni fluttuavano tra la nebbia ed i fumi del CBGB (Blondie, The B52s etc.), aggiungendovi un percepibile tocco di moderno disco-funk sulla scia dei compaesani Liquid Liquid ed inserendo il tutto in un contesto pop dal gusto raffinato, secondo la leggendaria eredità dei Talking Heads. Il disco si apre con Moon, una traccia particolarmente cupa e distaccata dai più leggeri undici pezzi a seguire, guidata da un distorto loop di basso, stratificazioni di synth e sinistri echi di corde grattate; una opener post-punk di poco carattere, che viene però subito riscattata da Cities, produzione più ariosa e maggiormente efficace nel definire lo stile portante della band. E' proprio nei pezzi più ritmati ed intuitivi che traspaiono i punti di forza del gruppo: i glitch, le turbine percussive e le sei corde impazzite di Cities; le magnetiche linee di basso dance in stile ESG di Disposable e Underneath; il groove ska di My Head; la immediatezza dei contenuti e dei riff del singolo Compromised, in cui York canalizza una precoce Debbie Harry alle prese con le più quotidiane implicazioni del capitalismo (Your house is important/Your car is important/Your shoes are important/Dinner’s important). Seppur provenendo da background musicali generalmente simili ma opposti in termini di intensità, l’interazione sincopata tra gli strumenti traspare con notevole armonia: la sezione ritmica, di inequivocabile taglio dance e tanto pungente da far ribollire il sangue, è la conseguenza del solido intreccio tra compressi groove di basso e pattern percussivi di stampo punk, mentre le frammentate scintille di chitarra esplodono in riff taglienti e progressioni spezzate. La produzione di Rosenthal, dal sapore piacevolmente contemporaneo, è focalizzata principalmente sul ritmo e sulle percussioni, come si può percepire nei tribali richiami di tamburelli e bongos che contrassegnano la maggioranza dell’album. Sono presenti all’interno del disco anche dei pezzi più lenti e carichi di charme, come l’ipnotica Hesitation, in cui l’attitudine punk di York si mischia alla composizione arabeggiante di McClelland, ed altri maggiormente contorti ed intrisi di elementi noise, la cui composizione letargica lascia lievemente perplessi (How I like it, Leave me alone). Un tipico debutto di indicazione geografica tipicamente newyorkese, imperfetto ma interessante, che cattura l’attenzione sin dal primo ascolto. La dolce presa dei Public Practice non ci lascerà andare facilmente; noi ci lasciamo trascinare, ansiosi di scoprire cosa ci riserva il loro futuro.

Voto: 7/10
Gabriele Bartoli

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