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6 Giugno 2020

EOB Earth

2020 - Capitol Records
[Uscita: 17/04/2020]

Potremmo dire che Ed O’Brien, qui con l'acronimo EOB, ha vinto già in partenza, quanto meno sul piano personale. Il fatto di essere parte di una band come i Radiohead fa sì che chiunque venga risucchiato dal magnetismo prodotto dall’asse Thom Yorke - Jonny Greenwood per quanto concerne la dinamica della scrittura. In questo senso viene naturale pensare da un lato che “Earth” sia il prodotto di una necessità espressiva parallela rispetto al contributo dato nei Radiohead, dall’altro che scaturisca proprio nell’ambito di quella imprescindibile dimensione comune. Al netto di ogni sovrastruttura, l’esordio di O’ Brien è un compendio personale, elegante e misurato nella composizione a cui corrisponde la produzione smagliante di Flood ed il lavoro al missaggio di Alan Moulder. Imponente lo stuolo di artisti che suonano nel disco: dallo stesso Flood a Adrian Utley, da Laura Marling a Glenn Kotche, da Nathan East al sodale Colin Greenwood. Le nove canzoni di “Earth” nascono dalle radici di un folk umbratile che guarda a Nick Drake e su cui viene costruito a volte un esoscheletro sintetico che non appesantisce la struttura degli arrangiamenti, così come anche le sporadiche escoriazioni elettriche che scarificano la superficie levigata delle forme. L’iniziale Shangri-La vive di reminiscenze yorkiane, di pop pesudo-danzereccio, il successivo Brasil nasce sull’arpeggio delle corde di nylon per poi essere trafitto da un groove pulsante in levare proveniente dagli U2 vestiti con abiti forniti da Howie-B e frequenze alla Depeche Mode. Dopo il soul leggiadro di Deep Days, incontriamo le vibrazioni bucoliche alla Nick Drake in Long Time Coming ad accompagnare un sole che tramonta sulle fatiche di un giorno troppo lungo. Mass alterna vuoti a suggestive saturazioni fantasmatiche, mentre Banksters (pezzo già provato con i Radiohead ma che non ha trovato la giusta quadratura) è una sorta di esotica elettro-bossa nova che risente del ritiro trascorso in Brasile. Sail On è una creatura a metà generata dalle fibre malinconiche di “Pink Moon” e dalle armonie di “Summertimenella versione di Nina Simone. E’ Olimpik il brano che sintetizza appieno la visione di Flood che ha intenzionalmente voluto ricreare un’ambientazione tipicamente “Zooropa”. Il finale è affidato alla intensità folk di Cloak Of The Night, in duetto con Laura Marling, come momento di decompressione che trae linfa da Syd Barrett e dal fingerpicking alla Paul McCartney per la sua delicata vicinanza a “Blackbird”. “Earth” è un disco che si lascia apprezzare per la classe ed il peso che ogni elemento gioca all’interno di ogni brano, nell’economia di un insieme che si regge su un intimismo che suona sempre autentico e fedele a sé stesso. Forse non il disco dell’anno, ma di sicuro compagno fedele per quelle giornate in cui il sole contende il campo a sporadiche nuvole cariche di una pioggia che ripulisce l’aria.

Voto: 6.5/10
Giuseppe Rapisarda

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