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19 Aprile 2020

Darryl Way Destinations

2020 - The Right Honourable Recording Company / Cherry Red Records
[Uscita: 14/02/2020]

Non si può dire che a Darryl Way, storico violinista e polistrumetista dei valorosi Curved Air, manchi il coraggio, oltre alle indubbie capacità strumentali e compositive. La sua penultima fatica discografica in ordine cronologico, “Vivaldi’s Four Seasons In Rock” del 2018, infatti, ha sfidato le papille uditive dei tanti aficionados dell’opera del Prete Rosso veneziano, riuscendone alfine vincitore. Con questo ultimo album, “Destinations”, il Nostro approda su lidi senza dubbio meno sdrucciolevoli a livello di scelte stilistiche. Oltre a una sorta di linea dominante a livello tematico, quella del viaggio e delle caratteristiche di svariati luoghi del Pianeta Terra, per quello che vuole essere un lungo tour immaginario, la materia musicale qui dispiegata con alquanta maestria è un progressive-rock strumentale di grande fascino, con tratti cameristici preziosi e incisivi.

Affiancato da Richard Meid alla batteria e Peter Skinner al basso, Darryl si destreggia abilmente col suo violino e talora con la chitarra lungo il nastro aurato dei dieci frammenti che compongono il disco. Dal rock sostenuto di Downtown L.A. in cui si rappresenta il caos della città degli angeli, con tanto di sirene della polizia, col tessuto chitarristico del brano in parola punteggiato dagli inserti puntuali delle tastiere, al ritmo di chiara impronta prog di Metropolis, dove il violino s’invola in ardite architetture sonore, per una traccia di grande fascinazione. Il lento fluire strumentale di The Stars, quasi un tempo di “Adagio”, rimarca quanto stretto sia il legame per Way tra rock e musica classica, oltre a tessere trame di pura reminiscenza ambient, una meditazione in musica sul tema siderale. The Wild West, rinvia a scene di inseguimenti entro le anguste gole di un canyon, con consequenziale ritmo indiavolato, sebbene l’uso troppo massiccio degli archi risulti infine un po’ troppo manieristico e ridondante, mentre splendido come un monile dalle arcuate rifrangenze sotto gli effluvi della luce lunare appare A Rainy Day In Vienna, quasi un cammeo mozartiano per tastiera e violino, prima che la chitarra giunga a punteggiare di schegge di bellezza l’ordito sonoro. Stilemi di forsennato rock-prog contraddistinguono la successiva The Restless City, col violino che domina incontrastato, mentre il lieve tocco della chitarra arpeggiata in chiave samba apre Riviera Blue, prima che il violino instauri un’atmosfera da sonata tzigana per un brano di grande suggestione. Ritmi più sostenuti, con riferimenti alla cultura sonora caraibica, soprattutto nell’arpeggio della chitarra, connotano Antigua Bay. La traccia successiva, Freedom Road, si attesta su un gradevole interludio chitarristico, quasi spagnoleggiante, prima del sigillo finale, Mystic Mountain, un’ispirata linea di violino che ascende a vette metafisiche, fino all’ingresso della chitarra che disegna scenari di mero incanto armonico. Un gran bel disco, invero.

Voto: 7.5/10
Rocco Sapuppo

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