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2 Ottobre 2012 ,

The Vaccines COME OF AGE

2012 - Columbia
[Uscita: 03/09/2012]

The Vaccines Come of Age  A solo un anno di distanza dal successo ottenuto grazie all’album di debutto “What Did You Expect from the Vaccines“ fucina di elogi ed attestati di stima, tornano i Vaccines, quartetto di Londra a.k.a  the “new sensation“ o “next big thing“: tali sono le etichette che la bibbia del creare e distruggere band britanniche, il New Musical Express, recita come un copione straconosciuto attraverso roboanti copertine e giudizi trionfali; in parte condivisibili, forse esagerati, ma la materia in discussione è senza dubbio interessante. Nel calderone dell’indie-pop britannico, ritenni il loro debutto uno dei lavori più freschi, originali e dal potenziale maggiormente esplosivo. Grezzi e diretti, ruvidi ed efficaci, la band in questione mi sorprese positivamente con sonorità post-punk e melodie incisive. Per queste ragioni la notizia di un loro secondo disco mi rallegrò molto, e confidavo in una loro definitiva conferma, cosa che in parte accade. “Come of Age” ha  comunque un mood diverso rispetto a “What Did You Expect from the Vaccines”.

 

Più curato del precedente, si lascia ascoltare per sfumature e peculiarità maggiormente lavorate e rifinite. Cambiare ma rimanere però sempre fedeli a se stessi, e quindi immediatamente riconoscibili: è questa l’esigenza che porta i Vaccines ad affiancare ai marchi di fabbrica punk rock, No Hope,  il singolo Teenage Icon, le chitarre spigolose di  Bad Moon e la pomposa Ghost Town, melodie più leggere, ariose ma sicure, come le ballads I Always Knew, All In Vein, Aftershave Ocean, Weirdo. Compaiono le prime chitarre acustiche, il ritmo si fa meno intenso ma la freschezza compositiva e l’immediatezza generale rimangono ben congegnate. La scaletta inanella una sequenza di brani che convincono, come la romantica Lonely World a chiusura del tutto. Finito l’ascolto è il momento di tirare le somme: il potenziale dei Vaccines è confermato, la qualità rimane. Meno spontaneità creativa ed impatto devastante del fortunato debutto, in parte ridimensionato, ma gli elogi, a prescindere dal NME, restano doverosi.

Matteo 'Jimmy Jazz' Giobbi

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