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7 Dicembre 2012 , ,

Scott Walker BISH BOSCH

2012 - 4AD Records
[Uscita: 03/12/2012]

scott_walker bish_bosch# CONSIGLIATO DA DISTORSIONI

 

Mentre scrivevamo la recensione di "Bish Bosch", nuovissimo, ostico (ancora una volta), ma meraviglioso lavoro di SCOTT WALKER la situazione ci è sfuggita di mano, la sintesi venuta meno, ed alla fine è venuto fuori un mini-profilo della carriera pluridecennale di questo talentuoso protagonista della musica contemporanea. La speranza è che i lettori di Distorsioni possano gradire un agile excursus su questo grande artista, partendo dalla cristallina purezza sixties pop dei suoi The Walker Brothers alla matura angoscia esistenziale degli abissi sonori senza fondo dello Scott Walker dei due unici (per ora) lavori del terzo millennio. Le tre parti in cui è diviso l'articolo sono funzionali tra loro, ma anche autonome, per cui se ne può diluire la lettura, o selezionarla.

 

 

The Walker Brothers

 

Tra il 1967 ed il 1973 l’ex  magnifico crooner dei vecchi tre The Walker Brothers (Scott Engel, John Maus, and Gary Leeds), californiani trapiantati in suolo inglese nella metà dei ’60 - fu prolifico, incidendo qualcosa come nove lavori solisti. Il suo appartarsi artistico inizia mentre fa ancora parte di quella magica formazione vocale pop a tre che scalò le classifiche inglesi in piena British Beat  explosion tra il 1965 ed il 1966,the walker brothers tenendosene ben distante come pesci fuor d’acqua in virtù di sognanti barocche ballate orchestrali. Hits come Make it Easy on Yourself (Bacharach/David) e The Sun Ain’t Gonna Shine Anymore (Bob Crewe/Bob Gaudio), i due maggiori e clamorosi successi di The Walker Brothers, ignoravano del tutto il rampante e naif spleen beat-rock che stava esplodendo in quegli anni fatidici. Scott Walker e c. amavano piuttosto attingere a coevi grandi successi americani soul-rhythm&blues come Dancing In The Street, Land of 1000 Dances, Stand by me, rivisitandoli alla loro maniera ‘bianca’ linda ed elegante; ma anche a teams di illustri songwriters a stelle e strisce come i già citati Burt Bacharach-Hal David, Pomus-Shuman, Leiber-Stoller, Mann-Spector-Weil, Butler-Mayfield, sino a Bob Dylan, Jimmy Cliff, Randy Newman, Kris Kristofferson, Tom Rush, Janis Ian. I migliori  e più significativi Walker Brothers di questi anni li trovate nei due album "Take It Easy with the Walker Brothers" (1965) e "Portrait" (1966).

 

 

Scott Walker

 

scott4In primo piano eternamente  l'inconfondibile voce da crooner – unico termine che calza a pennello per la sua arte -  di Scott, calda, profonda, suadente, fascinosa, che stigmatizza, sigillandola a fuoco, anche tutta la sua produzione solistica, caratterizzata – come dicevamo all’inizio - da notevole continuità fino al 1973 (“Scott”, “Scott 2”, “Scott 3”, “Scott 4”, "Til the Band Comes In" tra il 1967 ed il 1970), con performances su disco del nostro che però mutano polo d’attrazione. Certo, c’è ancora l’America pop di Bacharach-David, qualcosa di Goffin-King, Neil Diamond, Henry Mancini, e la fascinazione per crooner come Frank Sinatra, Tony Bennett, ma la vera folgorazione di Scott in questo lasso di tempo è tutta europea, e risponde soprattutto al nome di Jacques Brel, anche se poi giungerà spinto da un’onnivoro appetito artistico ad interpretare con Speak Softly Love (la traduzione è facile)  anche il nostro Nino Rota.

 

scott walkerDissemina i suoi lavori in studio di rivisitazioni di songs dello chansonnier esistenzialista francese; saranno poi catalogate e riunite in una bella compilation del 1981, “Scott Walker Sings Jacques Brel (Fontana/Mercury/Philps). Per esigenze di sintesi puntualizziamo solo che nel frattempo Walker ha acquisito nelle sue dotte rivisitazioni squisite, penetranti tonalità ed accenti teatrali ed è divenuto un songwriter a tutti gli effetti. Scrive  e collabora a colonne sonore (“Pola X”,1999, Barclay), subirà il fascino di straordinari maitre-à-penser delle nuove generazioni pop inglesi come David Bowie e Brian Eno, sarà citato come influenza dallo stesso duca bianco e dai Radiohead, ed ha rapporti artistici con  la tedesca Ute Lemper ed i Pulp. Arrivando a tempi recentissimi, Scott tradisce per un attimo la sua indole ‘isolazionista’ rispondendo ancora una volta al richiamo delle nuove generazioni: duetta con Natasha Khan in “Two Suns”, secondo album del 2009 dei Bat For Lashes.  

 

scott_walker_-_the_driftLa sua produzione andrà via via diradandosi, e con la maturità e gli anni che scorrono (è nato nel 1943) imbocca un percorso espressivo decisamente inaspettato per i suoi fan storici, cronicizzando  un concetto di ricerca sonora isolazionista che raggiungerà il vertice assoluto negli ermetismi intransigenti di “The Drift” (2006, 4AD). In più di tre decenni - 32 anni a voler essere precisi - tra il 1974 e “The Drift” c’erano stati solo altri due lavori in studio, “Climate Of Hunter” (1984, EMI M.D.) e “Tilt” (1995, Drag City), dove i brani cominciavano già a protrarsi oltre gli otto minuti, la sperimentazione ed i cerebralismi di Scott avevano esordito prendendo sempre più consistenza: tre opere separate da un salto temporale di più di un decennio.

 

 

Bish Bosch

 

Il nuovo “Bish Bosch” giunge dopo un intervallo di ‘soli‘ sei anni, mutuando il titolo dal visionario pittore tedesco del 15° secolo  Hyeronimous Bosch  (1450-1516)  e dall’eloquente, tutto anglosassone “bitch”; il nesso e cosa li leghi è spiegato con una certa BishBoschambiguità dallo stesso Scott Walker: "I was thinking about making the title refer to a mythological, all-encompassing, giant woman artist".  E’ il primo assaggio di un ermetismo - o se volete,  sofistichezza concettuale – di un artista/uomo di 69 anni che anche in questo nuovo sbalorditivo capitolo della sua carriera come nel precedente The Drift mette insieme, coadiuvato da un superlativo team di strumentisti, stranianti segmenti strumentali-vocali, parto di un’ispirazione alimentata dal fascino di location geografiche (Danimarca, Alpi, Hawaii, le antiche Scythia, Grecia, Roma e Romania), da ‘metafore di scienza medica e biologia molecolare’, ed ancora da location storiche insospettabili.  Walker, il suo sito e quello della gloriosa etichetta inglese 4AD che continua a proteggerlo amorosamente, non lesinano in quanto a dichiarazioni esplicite di contenuti.

 

E così in “Bish Bosch”: Tar parlerebbe delle contraddizioni bibliche, Corps De Blah di un villaggio tirolese noto come rifugio di criminali di guerra nazisti dopo la seconda guerra mondiale, The Day the 'Conducator' Died (An Xmas Song) del presidente romeno Nicolae Ceausescu e di sua moglie, che furono giustiziati nel 1989. Ed ancora ecco angosciose simboliche figure di storia violenta e non, Donald Rumsfeld, il Ku Klux Klan, Attila re degli Unni, Ronald Reagan, Mikhail Gorbachev, Papa Giulio II. Afferma un Scott Walker anziano, sempre più enigmatico ed eccentrico: “Sono affascinato dai dittatori, ma non lo sono dalla brutalità”. La fascinazione per certi personaggi storici ambigui e controversi era già emersa clamorosamente in “The Drift”, dove Scott Walker aveva costruito intorno allascott walker figura dell’amante di Benito Mussolini, Claretta Petacci, un allucinatissima sequenza  di quasi tredici minuti di allucinate montagne russe sonore, Clara, apogeo drammaticamente espressionista di un lavoro caratterizzato da chiaroscuri violentissimi, disancorato da qualsiasi schema tradizionale di canzone, che negava puntigliosamente all’ascoltatore tradizionali appigli melodicamente ed armonicamente rassicuranti.

 

“Bish Bosch” conferma senza esitazione alcuna un inerpicarsi compositivo spericolato e decisamente audace su pareti scoscese e perigliose, dalle quali mille volte la voce miracolosamente intatta e vergine del crooner settantenne scivola sfracellandosi in profondi, scurissimi burroni; o sosta in anfratti votati al silenzio assoluto, perpetrando una commovente adorazione onanistica delle sue pieghe più delicate e fragili. Rimane straordinario come in questa difficilmente classificabile, angosciante, ermetica bagarre isolazionista - segmenti  di 21 minuti (Sdss1416+13b), 11 (Corps De Blah), 9 (Epizootics!), segnati da chitarre abrasive, tromba, inquietanti fiati non ortodossi (Ram’s horns), abbracci orchestrali, percussioni - l’artista riesca a preservare, a non sacrificare la purezza mirabile delle sue corde vocali, sublimandola in un continuum di vibranti accenti angosciati, solipsistici, tremuli, agonizzanti, accorati.

 

Scott WalkerBish Bosch suona comunque alla fine meno estremo e nichilista dei 70 minuti sconcertanti di The Drift, più incline a momenti di lirica – pur se esile e barcollante – intima quiete, ma  indubbiamente come The Drift produce un ascolto ostico, provocatorio, sicuramente irritante/insopportabile per orecchie ortodosse o molto ortodosse, non disposte a nessuna forma di stupro auditivo. Per i più volenterosi e sprezzanti del pericolo invece, l'efferata violenza seriale alle acquisizioni più rassicuranti, assorbita ed elaborata con l’aiuto di una dose di sano masochismo, può tradursi in un’estasi estetica senza fine, in un sisma sonico che annienterà e cancellerà le più collaudate colonne d’ercole sensoriali, spalancando definitivamente le porte Blake-ane della percezione che un James Douglas Morrison tantissimo tempo fa, in quel di Los Angeles, cercò di scardinare con modalità certo più naif, e con una mai troppo benedetta violenza.

 

 

Line Up: Ian Thomas (drums), Hugh Burns, James Stevenson (guitars), Alasdair Malloy (percussion), John Giblin (bass) Michael Laird (Ram’s horns), Mark Warman (Musical DirectorD/Keyboards/Perc) - Co-producer: Peter Walsh  - Guests Guests: Guy Barker (trumpet)  and pedal steel guitarist BJ Cole

 

 

Pasquale Boffoli

Video

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