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4 Novembre 2017 ,

Michael Head & The Red Elastic Band ADIÓS SEÑOR PUSSYCAT

2017
[Uscita: 20/10/2017]

Inghilterra-Spagna

 

Michael Head ha sempre seguito una sua personale via al pop, sin dai preziosi esordi coi Pale Fountains, poi con la splendida avventura degli Shack, condivisa col fratello John, e ancora in diversi collettivi, quindi nel percorso solista, prima assieme a The Strands (il gioiellino "The Magical World Of The Strands", 1997), poi con questi Red Elastic Band coi quali aveva già pubblicato uno splendido ep di 7 brani, “Artorius Revisited”, nel 2013, seguito da un singolo nel 2015 e un DVD risalente allo scorso anno. Non è uno da schitarrate da pub, il nostro: nei dischi di questo 56enne di Liverpool non troveremo l’irruenza punk, né l’arroganza del brit pop, bensì musica modellata sullo stile inaugurato da realtà americane quali i Love di "Forever Changes", i Byrds degli anni ‘70 e la visione eccentrica di Brian Wilson, Lee Hazlewood, Van Dyke Parks, il tutto filtrato da una sensibilità di stampo british. Quello che il NME ha definito «il nostro miglior songwriter», quello ammirato da tutti i colleghi, da Noel Gallagher a Paul Weller, da Elvis Costello a Edwyn Collins e fino a Joe Jackson, pur pubblicando dischi che sono scrigni contenenti gioielli purissimi, per qualche strano motivo non ha mai ottenuto il successo che avrebbe meritato.

 

Né pare possa esser questo “Adiòs Senor Pussycat” l’occasione di un’inversione di tendenza che Head non si aspetta più: lui va dritto per la sua strada, conscio di avere un seguito ridotto ma affezionato, uno zoccolo duro di fan che amano il suo lavoro e ne apprezzano i contenuti. Sin dall’apertura di Picasso, contenuta e leggera, la voce quasi sussurrata e chitarre acustiche arpeggiate, spruzzata dagli archi, lievi percussioni e un sax che ne sfuma il finale, si inquadra l’atmosfera di un album che prosegue alternando motivi più acustici a ariose composizioni maggiormente inclini alla grandeur di arrangiamenti più barocchi (Overjoyed, Picklock, Josephine), ballate pianistiche che sono l’esatta sintesi di quelle dei colleghi summenzionati (Winter Turns To Spring, Queen Of All Saints), inconsapevoli (?) citazioni byrdsiane del calibro di Workin’ Family (ma anche Wild Mountain Thyme e l’ottima Adios Amigo appartengono alla categoria), o ancora i Love che fanno capolino in 4&4 Still Makes 8 (evocati anche nel titolo “numerologico” e in What’s The Difference). Rimane da citare Rumer, perfetta pop song in un mondo perfetto, quale questo non è. Ben ritrovato, Michael: noi siamo tra quelli che ti aspettano sempre volentieri. 

 

Voto: 7/10
Massimo Perolini

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