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1 Settembre 2020

Fontaines D.C. A Hero’s Death

2020 - Partisan Records
[Uscita: 31/07/2020]

"A Hero’s Death" è il secondo titolo del dei neo-punk dublinesi Fontaines D.C., forse la giovane realtà più interessante ad essere emersa dalla vivida scena musicale anglo-Irlandese dei tardi 2010s. A seguito del loro acclamatissimo debutto ‘Dogrel’, uscito l’anno scorso, come spesso accade con tutte le giovani band dall’ascesa cosi repentina, nel 2020 siamo stati testimoni di una spietata critica sul loro sound. Il disco risolve ogni dubbio in merito a un assoluto mutamento da parte della band post-punk, determinata nel prendere le distanze dalla forma più radiofonica del loro primo lavoro, strumentale alla loro rapida ascesa e costituzione di un fedele seguito di fans. "A Hero’s Death" è un tuffo al centro della missione artistica dei DC, un ossessionante racconto personale ma universale, in cui vengono abbandonati i congegni stilistici pop per far risaltare l’autentica profondità della band. Rimane fortunatamente presente la cruda consapevolezza poetica ed il consumato romanticismo dimostrati in "Dogrel", attraverso il quale i dublinesi affrontano il mondo moderno. La danza macabra dei DC si apre con I Don’t Belong, esempio dei canoni stilistici del disco in cui le minimali ed ipnotiche chitarre dipingono la  scena su cui spicca il mantra dell’imponente frontman Grian Chatten. Lui e la sua band non appartengono a nessuno: né al music-business, né alla critica, né ai loro fans. Le atmosfere ossessionanti che perturbano l’album esprimono chiaramente il nervosismo degli anti-millennials; La patina sinistra che accompagna l’album nella sua completezza è espressa attraverso apocalittiche e distorte risonanze vacue (Love Is The Main Thing), duelli di dissonanti chitarre ansiose e feroci attacchi di basso (A Lucid Dream, Televised Mind), fino ad esplodere nelle fantasmagoriche armonie e nei vocalizzi doo-wop della geniale title-track (A Hero’s Death). “Life Ain’t Always Empty” è lo slogan sputato fuori con disprezzo da Chatten, il cui talk-show è condito da un originale impiego di controcanti che sembra rinviare ai più tetri Beach Boys. La pesantezza dei contenuti è sorretta dall’abissale lamento baritonale del vocalist, dal quale marcato accento Irlandese echeggiano, oltre ai frammenti di spoken-word, approcci melodici e speranzose ballate (You Said, Oh Such A Spring), tetre satire politiche alla Dead Kennedys (Living in America), e perle a sfondo esistenziale (No) le cui parole di dolorosa meraviglia colpiscono dirette l’anima per tapparne i buchi. "A Hero’s Death" è un disco con i nervi a fior di pelle: oscuro, dal significato complesso e per certi versi alienante. I ragazzi hanno tanto per la testa e tanto vogliono condividere con il mondo. La loro è coraggiosa testimonianza di una band determinata nel definire la propria arte e a farne partecipi gli altri mediante la propria voce. A chi ha perso fede nelle giovani band con qualcosa di serio da dire, consigliamo di ascoltare più attentamente.

Voto: 7/10
Gabriele Bartoli

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