Migliora leggibilitàStampa
8 Novembre 2013

Necropolis Franco Brocani

1970 - DVD Rypley’s Video: 24 Settembre 2013 - Italia

necropolisNecropolis, film di Franco Brocani torna in edizione restaurata magistralmente, rieditato in home video da Ripley’s Film. Diciamolo subito: Necropolis è un film che non concede nessuna indulgenza allo spettatore; in esso si ritrovano triturati in un magma di immagine, suono e parola una serie virtualmente infinita di dati, di rimandi e di echi che s’aggrovigliano in un vortice cinematografico assolutamente inedito, anche nel vasto ambito del cinema d’avanguardia italiano di quegli anni. Lo dice il titolo stesso, Necropolis è un canto mortuario, una galleria di fantasmi, di immagini ectoplasmatiche (ma in fondo il cinema stesso non è forse un’immensa galleria di fantasmi?) che convivono prima di tutto con loro stesse. Un film di frammenti e residui, di scorie e di macerie: culturali, cinematografiche, artistiche, politiche. Al di là del semplice concetto di avanguardia, e al di là del semplicistico concetto di underground (categoria quanto mai labile allora come oggi) il film ci mette davanti  al fatto compiuto dell’immagine stessa: prendere o lasciare, non è una questione di divertissement, né di provocazione pura e semplice. È un cimitero, quello dell’immagine e del cinema stesso. L’immagine, prima di tutto: un sontuoso trentacinque millimetri (che nel restauro digitale ritrova il suo cristallino splendore), diretta e polemica risposta al sedici millimetri canonico del cinema underground, ci rimanda agli archetipi stessi della tecnica cinematografica; una camera fissa che se da un lato mette a dura prova lo spettatore dall’altro non può che essere giustificata dal suo stesso uso.

 

necropolisLo spettatore, perduta la sua posizione centrale, non può che sentire sulla propria pelle (e sulla pellicola) questa mancanza assoluta di indulgenza, questa crudeltà artaudiana che scaturisce da ogni fotogramma (e pare di sentire Guy Debord quando diceva che “in qualunque epoca, d’altronde, non si è mai comunicato niente di importante avendo dei riguardi per il pubblico [...] questo pubblico così perfettamente privo di libertà, e che ha sopportato tutto, merita meno di ogni altro di essere trattato con qualche riguardo”). Ma non si tratta di semplice avanguardia: la lezione primo-novecentesca è ormai abbondantemente superata, allo scandalo dadaista si contrappone un gesto assolutamente già “post-dada” (e quasi punk), un attacco all’arma bianca nei confronti di una Gioconda che ormai è solo immaginata, un rettangolo su un muro che segna i confini di un’opera d’arte ormai svanita, scomparsa nei meandri dello spettacolo generale: prendendo ad martellate il suo simulacro si arriva a quella “negazione della negazione” del detournement tanto caro ai Situazionisti (tanto che questo film è assai più vicino a Hurlements en faveur de Sade che a molte opere dell’avanguardia coeva; e allora torna alla mente ancora Debord: “Si tratta di superare qualsiasi idea di scandalo. Dato che la negazione della concezione borghese del genio e dell’arte ha già ampiamente fatto il suo tempo, i baffi della Gioconda non presentano più alcuno spunto di interesse maggiore della prima versione dello stesso quadro”).

 

necropolisAll’avanguardia ridotta anch’essa ad intrattenimento, Necropolis risponde con un canto funebre di immagini personaggi e suoni (e dentro ci sono davvero tutti: dal Trattato sul saper vivere. Ad uso delle giovani generazioni di Raoul Vaneigem, a Kenneth Anger, fino alle infiammate parole di Brother J.C. Crawford, quelle che aprono Kick out the jams degli MC5). Attori e personaggi vagano come spiriti inquieti, tra monologhi (e pochi dialoghi) afasici (e l’afasia è l’unico mezzo che l’arte può contrapporre ad uno spettacolo che ha ormai inglobato al suo interno anche il linguaggio dell’avanguardia), spogliati d’un senso primario che però torna nella nuova dimensione sepolcrale. I personaggi stessi sono storici o archetipici (Frankenstein e Montezuma, il diavolo e la strega, tra gli altri) ma il loro essere nel film si riduce ad essere una semplice presenza, riflesso di una assenza (l’illusione del cinema) da un mondo oramai al suo stadio ultimo, cimiteriale appunto. Un film imprescindibile (nonostante la non facile fruibilità: ma chi lo dice che tutto debba essere immediato nella vita?) per comprendere non solo un’epoca, ma un approccio al cinema che tentava di “sfondare” la settima arte, portare lo spettatore al di là dei convenzionali luoghi comuni legati al cinema; un film che s’inserisce (pur rimanendo di fatto un unicum) in un filone del nostro cinema che con pellicole come Nostra Signora dei Turchi di Carmelo Bene (presente anche in Necropolis nei panni d’un irresistibile diavolaccio alticcio e afasico) e Umano non umano di Mario Schifano: al di là dell’underground per un’anti-cinematografia dell’(im)possibile.

 

Luca Verrelli

Video

Inizio pagina