Thinking Plague: "In This Life" Ristampe, Antologie, Box
Stati Uniti
Uscita Ristampa: 2 Ottobre 2015
Edizione Originale: Recommended Records, 1989
Nella galassia del cosiddetto “rock in opposition (RIO)”, i Thinking Plague costituiscono insieme ai Biota l’avanguardia statunitense. Nati ad inizio anni ’80, e tuttora attivi (il disco più recente, “Decline and fall”, data 2102), sono passati nel nuovo millennio dalla storica etichetta ReR di Chris Cutler alla Cuneiform, che sta meritoriamente ristampando i loro primi dischi. Questo “In this life” è il terzo LP, pubblicato originariamente nel 1989. Rispetto agli altri gruppi del movimento i Thinking Plague sono meno coinvolti sul piano politico (sono pur sempre americani), ma ne condividono in pieno le attitudini musicali: da una parte le propaggini più estreme del movimento post canterburiano, quelle contaminate con minimalismo, suggestioni etniche, trip sonori fuori da ogni schema (vedi Skeleton Crew, Aksak Maboul, Nimal); dall’altra non mancano certi flirt con la new wave, peraltro nel 1989 già morta e sepolta, soprattutto nel cantato sghembo e sognante di Suzanne Lewis, che mette i brividi a chi ai tempi si era innamorato di Slits, Raincoats, Ludus.
Il disco si apre con un attacco di chitarra acustico inaspettato, date le coordinate musicali in cui ci muoviamo, ma poi parte una chitarra solista liquidissima (Fripp fa scuola), la batteria si muove su tempi intricati, la voce affronta melodie impervie. Eccoci quindi trasportati nelle inconfondibili atmosfere di Canterbury, con le costruzioni armoniche e melodiche che sono così caratteristiche di quel mondo musicale, specie quando i fiati attaccano quei riff figli di Zappa e Stravinskij. Run amok è una composizione tipica dello stile RIO, frenetici e minimali riff di tastiere, continui stacchi e cambi di ritmo, momenti più rilassati, duetti tra un clarinetto kletzmer e una chitarra hard, e la voce di Suzanne che raggiunge vette acutissime. I brani sono solo sette, tutti mediamente piuttosto lunghi.
Alcuni sono più melodici, e non mancano quelle aperture in stile progressive, ondate di tastiere su ostinati di basso, che i fan dei Genesis amano particolarmente. Altri sono fortemente sperimentali, come Organization (version II) (più di 11 minuti), brano che presenta ampi spazi di totale improvvisazione free, molto percussivi, con ospite il leader maximo del movimento Fred Frith alla chitarra. Questa ristampa, a differenza della precedente edita da ReR, non presenta bonus tracks, ma sceglie di rimanere fedele alla scaletta originale. Un disco non per tutti i gusti, chi non ama le contaminazioni più avanguardistiche faticherà a digerire alcuni brani. Chi invece ama il rock di frontiera, senza limiti stilistici, e in particolare la magnifica stagione di Canterbury, esulterà per questa gemma da aggiungere alla sua collezione.
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