Songs: Ohia GHOST TROPIC
Nella lunga catena luttuosa che è diventata la cronaca rock mi ha particolarmente colpito la dipartita, il 16 Marzo 2013, del cantautore americano Jason Molina. Forse c'entra il motivo per cui è avvenuta: da tempo in preda all'alcolismo, non poteva permettersi le cure. Molina non era un mio idolo, ma ho amato molto alcuni tra i suoi numerosi dischi. L'avevo scoperto ad inizio millennio, quando ero molto interessato al nuovo cantautorato americano; forse questi musicisti tristi e misantropi riflettevano il mio stato d'animo di quel periodo. C'è un suo disco a cui sono particolarmente legato: “Ghost tropic”, del 2000, che pure è il suo disco più eccentrico. Se in genere nei dischi di Molina troviamo un tipico cantautore americano - nel valido “Josephine” (2009), potremmo dire di aver trovato il nuovo Jackson Browne - qui ci avviciniamo ai territori del post rock all'epoca non ancora defunto, seppur in fase calante.
Il disco, come tutti i primi dieci, era stato pubblicato col moniker “Songs: Ohia”. Jason usava contrassegnare i demo che spediva in giro con la dicitura “Songs” più il nome di uno stato americano; “Ohio”, scritto sbagliato, era stato il primo accettato e quindi scelto come portafortuna. Qui le composizioni sono molto lunghe, ma questo è tipico del suo stile all'epoca, vedi anche il live “Mi sei apparso come un fantasma”, con lunghe parti solo strumentali. Sono brani scabrosi, intimisti, poco melodici. Nell' iniziale Lightning risked all pochi accordi di chitarra e percussioni al limite del rumore casuale accompagnano la voce affranta di Jason. Non è un disco facile, un disco così non scalerebbe mai le classifiche di vendita. Non è un disco “bello”, come un filosofo greco intenderebbe la bellezza. Ma non è nemmeno l'opera di un outsider degno di nota per la sua stramberia, come potrebbero essere The legendary stardust cowboy o Tiny Tim. È la confessione di uomo che sta lottando con un fantasma, parola che ricorre ossessivamente nei suoi titoli. Accanto a Jason suonano Alasdair Roberts, Shane Aspergen e il produttore Mike Mogis.
Il ruolo dei collaboratori però non è decisivo, solo voce e chitarra sono fondamentali, qualche rintocco di piano o marimba contribuisce ad aumentare il pathos. Nei due strumentali dallo stesso titolo, Ghost tropic, appaiono rumori ambientali, canti di uccelli, forse segnalano un momento di pace. Un paio di brani, The body burned away e The ocean's nerves sono più vicini alla forma canzone più strutturata, ma sempre nello stile minimale che permea il disco. Vertice dell'opera è Not just a ghost's heart, lunga, incalzante, ritmata da un ossessivo beat elettronico e dai rintocchi del piano, dapprima simili ad una campana e poi sempre più complessi. Un disco notturno, che amavo ascoltare in ore molto tarde, abbassando il volume per non inquietare i vicini. Riascoltato oggi alla luce delle vicende umane di Molina lo comprendo ancora di più. RIP Jason, i fantasmi non ti tormenteranno più.
Altri dischi di Jason Molina consigliati:
Songs: Ohia - "Songs: Ohia" (1997), "Impala" (1998), "The lioness" (2.000), il live album "Mi sei apparso come un fantasma" (2001, registrato a Barchessone Vecchio, Modena nel 2.000)
Magnolia Electric Co. - "What comes after the blues" (2005), "Josephine" (2009)
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