?Alos MATRICE
Indubbiamente ?Alos (il suo nome è scritto proprio così, con il punto interrogativo davanti) si presenta al mondo con una “dichiarazione di intenti” a dir poco pretenziosa: si autodefinisce “musa del caos” e si autoqualifica come queer-ancestral-pagan-doom-avant-metal. Se questa etichetta è dotata di un’adeguata ironia, volta a sbeffeggiare quel settore della critica musicale che non sa più che cosa inventarsi pur di catalogare la novità di turno, ci può anche stare bene. Se invece la persona in questione si prende sul serio verrebbe da ipotizzare che qualche problema di fondo ci sia.
Questo album, “Matrice”, è interalmente realizzato da ?Alos (all’anagrafe Stefania Pedretti), che si cimenta alla chitarra, al violoncello e a diversi non meglio identificati “oggetti”. Per la verità gli strumenti servono più che altro a generare un caotico tappeto non identificato, fatto di larsen e di rumorismo, sul quale dipanare le sperimentazioni vocali, che sono poi in realtà il fulcro dell’intero album. Il primo paragone che viene in mente è quello con le “Litanies of Satan” di Diamanda Galas, anche se a onor del vero il confronto appare alquanto impietoso nei confronti della quarantenne vigevanese, che del modello di riferimento non ha né la tecnica, né la classe. Comunque è innegabile che l’effetto di inquietudine e di disagio nell’ascoltatore ricercato dall’autrice è pienamente centrato, l’impatto emotivo è violento e la ricerca sonora c’è. ?Alos è stata a lungo performer teatrale e, indubbiamente, su disco emerge solo una parte delle sue potenzialità. La sperimentazione messa in atto in queste cinque tracce di durata variabile tra i 4 e i 12 minuti è certamente encomiabile e coraggiosa ed il risultato non è proprio per tutti i palati.
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