Johnny Dal Basso IX
Un arrangiamento asciutto, scarno, di spietata crudezza, per questo “IX” di Johnny Dal Basso. Il nostro cantautore-punk ha fatto tutto da solo: ha registrato l’album in soli sette giorni, ha curato la grafica e, da vero one-man band, si è autocostruito uno strano meccanismo che gli permette di suonare contemporaneamente cassa e rullante. Le molte sovraincisioni di chitarre sopperiscono alla mancanza di un basso e così, tra accordi pieni più compressi e distorti e arpeggi più acidi e taglienti, qualche percussione, più che altro tamburelli, e la sua voce ben presente in primo piano nel mix, Dal Basso ci offre nove canzoni corte, dirette, veloci, talvolta persino sotto i due minuti, con un sound pieno dello psychobilly dei Cramps e degli umori post-hard dei White Stripes. Tuttavia, nonostante il sound sia americanissimo, sguaiato e un po’ punk, la lezione di Buscaglione (e perché no? Anche quella di un primissimo Celentano devoto a Elvis) qui e là fa capolino. Il miscuglio è efficace, divertente e tanto, tanto rock’n’roll. I testi sono aggressivi, minacciosi, ma anche quelli alla fine sono talmente paradossali e sopra le righe che strappano un sorriso; volendo pensare a un parallelo cinematografico risultano ironici come la saga di “Machete” di Rodriguez, non sono certo sanguinari come certi horror di Rob Zombie. Ecco, diciamo che il sound italoamericano di Dal Basso potrebbe essere la giusta, succosa, ricca colonna sonora di un film di Rodriguez.
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