Il Kif TUTTA UN’ALTRA STORIA
Una miscela di punk, di combat-rock à la Clash, di sonorità a cavallo tra cantautorato italiano e panorami americani stile The Gang, di blues sanguigno e qualche riff vivacemente hard è alla base del sound di questi efficacissimi, diretti, energici Il Kif. Ma in realtà, seppure la musica sia ottima, suonata benissimo e tutti i brani siano eclettici e ben differenziati tra loro (cosa sempre più rara in un panorama dove ogni band tende sempre più ad appiattirsi su se stessa), alla fine la cosa più emozionante di questo “Tutta un’altra storia” sono i testi. Siamo infatti di fronte a un concept-album, uno strumento linguistico che pensavamo fosse in parte caduto in disuso e che, soprattutto, non è mai stato tanto percorso al di fuori del progressive rock (genere dal quale il Kif è distante migliaia di migliaia).
E non è tutto: se già le canzoni sono legate tra loro da un filo conduttore, come lo schema di ogni buon concept-album prevede, qui il tema affrontato è a dir poco scottante… I pugliesi Il Kif, infatti, scelgono di approfondire la cosiddetta “Questione meridionale”, dalle origini, prima ancora dell’Unità d’Italia, fino ai nostri giorni. Ebbene sì, i nostri giorni: perché ricordiamoci che nella nostra nazione, oggi, esistono ancora forze politiche che non perdono l’occasione per tracciare una linea di demarcazione tra Nord e Sud. E quel “tutta un’altra storia” del titolo dell’album si riferisce proprio a una rilettura coscienziosa, approfondita, scrupolosa dei fatti, che sono ben diversi da come spesso ci sono stati raccontati.
Se nei testi, crudi e diretti, la band dichiara di essere fortemente debitrice nei confronti del libro “Terroni” di Pino Aprile, nelle sonorità di Gira nella ruota troviamo un inciso jazzato, a base di basso walkin’ e tanto wah-wah sulla chitarra che ricorda persino alcuni momenti da “L’Uomo” degli Osanna, mentre la title-track è Clash che più Clash non si può. Blues del falco ha uno di quei riffacci “desertici” che non sfigurerebbero nel repertorio di Kyuss e Monster Magnet, mentre Madre Puglia, uno dei momenti più intensi e toccanti del disco se non addirittura il suo apice, è una ballad per chitarre arpeggiate di inusitata dolcezza. Una band che vanta già tre album all’attivo prima di questo e che merita di conquistare la giusta visibilità, dopo vent’anni di carriera trascorsi a macinare palchi.
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