Bonomo IL GENERALE INVERNO
Giuseppe Bonomo nasce a Taranto, città di mare e d’acciaio nel 1978 e sin da piccolo viene rapito dalla passione per la musica. Nel 2002 si trasferisce a Cesena dove fino al 2006 lavora come operaio. Ed è proprio il contrasto tra la claustrofobica e alienante quotidianità della catena di montaggio e gli spazi infiniti e i tempi dilatati del mare e delle sue visioni a permeare le dieci tracce di questo disco. Bonomo, polistrumentista, compositore, arrangiatore, ad eccezione delle batterie affidate a Tommy Graziani e Luca Nobile si divide fra chitarre, basso elettrico e programmazioni. Il risultato è un album semplice, ma viscerale, che utilizza geometrie sonore conosciute per cercare di spingersi però oltre i confini di genere, seguendo linee guida ora rock, ora pop, ora elettroniche per soddisfare la propria urgenza espressiva.
È un suono in prevalenza chitarristico che spazia dalle suggestioni dark/seventies di DNA al pop’n’roll di Troppe Cose fino ai riff nevrotici de La Mia Rabbia. È un lavoro in bilico fra canzone d’autore e pop romantico. Ne è senz’altro prova la bella filastrocca west coast de La Visione. Otto Ore al Giorno ci catapulta in spirali elettro-pop anni Ottanta care ai Bluevertigo che fanno capolino anche dai solchi della successiva Una Scelta. Una nota di merito per la malinconica e dolcissima I Pesci non lo Sanno, ballata per voce, chitarra acustica e mellotron. In sintesi un buon pop radiofonico, un esordio più che dignitoso per un musicista che si inserisce appieno nel solco tracciato da decenni di pop italiano che guarda alla magica Albione come antica terra promessa. Se certi barocchismi che ricordano Le Vibrazioni verranno in futuro messi da parte, Bonomo potrà di certo sperare in un buon riscontro commerciale. Non inventa nulla, ma non credo fosse questa la sua intenzione.
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