Daniele Faraotti Ep! Ep! Urrà!
“Ep! Ep! Urrà!”, terzo lavoro del cantautore romagnolo Daniele Faraotti che questa volta ha scritto, suonato e cantato tutto da solo, mentre produzione, missaggio e masterizzazione sono a cura di Ivano Giovedì. Chi ha avuto modo di ascoltare le sue precedenti produzioni, “English Aphasia” cantato tutto in un grammelot simil inglese e il vulcanico “Phara Pop vol.1”, sa già che ci troviamo davanti a un musicista difficilmente etichettabile, dalla prorompente creatività che si manifesta sia nella varietà e imprevedibilità degli arrangiamenti sia nei testi dal carattere spesso immaginifico e surreale. Musicalmente si notano anche in questo lavoro una certa influenza della patafisica canterburiana e dell’esuberante sarcasmo zappiano, se dovessimo accostarlo a qualcosa ci viene in mente il gruppo palermitano degli Homunculus Res, particolarmente in un brano come Le promesse nel quale il tema dei dubbi e delle incertezze giovanili è trattato con leggerezza e ironia mentre l’arrangiamento è tutto un susseguirsi di cambi di ritmo e sonorità eteree, ma anche in Eterni in cui un insieme di suoni giocosi e infantili smorzano il tema della nostalgia e dell’insoddisfazione del presente. In La Forma Dei Coleotteri il canto e la ritmica creano un’atmosfera ipnotica e da pop psichedelico anni Sessanta, mentre una buffa pulsazione delle tastiere in Itinerario mette ancor più in risalto il lato surreale e giocoso dell’album e in Ad Occhi Aperti scopriamo un lato romantico perfino nel parlare dell’acquisto di un paio di scarpe da parte di lei. Perché nel mondo di Daniele Faraotti non mancano mai le sorprese, gli sguardi obliqui e originali anche e soprattutto nei mai banali eventi della vita quotidiana. Ed è proprio questo sguardo non convenzionale, che registriamo anche negli arrangiamenti e nei suoni, nonché nelle melodie che ce lo fa piacere e che colloca la sua musica in una direzione originale e personale. Così La Maschera Degli Ardenti ispirato a un racconto di Poe. “Hop Frog”, ci mostra anche un lato beffardo e cupo del Nostro, mentre i ritmi spediti e martellanti di Fuori Le Icone disegnano con azzeccate immagini e metafore dell’alienazione contemporanea e L’Oro In Noi rappresenta il rifiuto di un lavoro che è solo sfruttamento e tristezza su un arrangiamento convulso e che richiama i ritmi di lavoro imposti oggi. Chiude l’album il grammelot della title-track con un vertiginoso arrangiamento che mescola Zappa, prog e un maestoso tripudio di tastiere.
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