WILCO 11 ottobre 2012, Obihall, Firenze
Jeff Tweedy è un personaggio straordinario. 'The last american hero' verrebbe da dire se non fosse che tale termine viene spesso usato a sproposito. Dallo scioglimento dei grandi e dimenticati Uncle Tupelo ha dato vita a una creatura ancora più favolosa, Wilco. Annunciati da una memorabile serie di bootleg album ufficiali, in vendita legale sul loro sito e denominati “Roadcase”, si sono ripresentati per tre date nel nostro paese dopo la mini-tournée da sold out del mese di marzo.
La data di Firenze era l'unica del centro-sud e ha richiamato un buon seguito di aficionados, anche se va detto che il non capientissimo Obihall non presentava il tutto esaurito. Da segnalare al solito la totale mancanza di pubblicità visiva, nessun manifesto in città, manco uno nella stessa struttura che ospitava lo show (!) e il solito furto del 20% della prevendita, l'immancabile punizione per chi ha la disgraziata idea di comprare in anteprima il biglietto. Insomma si fa di tutto per tenere alla larga la gente dai concerti, visti come la peste o quasi.
L'act dei Wilco si è aperto con la struggente Ashes of american flag, da uno dei loro capolavori, “Yankee Hotel foxtrot”, in una mirabile versione dilatata seguita da un Art of almost tiratissima con finale da fuochi d'artificio. Un inizio da brivido che prometteva un serata memorabile, cosa rivelatasi esatta. Dallo stesso ultimo disco "The whole love", disco dell'anno 2011, sono state poi eseguite le belle I Might e Black Moon con a ruota una Spiders che da sempre rappresenta una delle loro song più apprezzate. Pubblico già in delirio. Nemmeno il tempo di riprendere fiato che arriva il tour de force chitarristico di Impossible Germany, altra song straordinaria, uno dei loro momenti live più intensi, la sei corde di Nels Cline qui svetta altissima, con echi di guitar heroes della famiglia Allman, i leggendari Duane Allman, Dickey Betts e Warren Haynes.
Basterebbe questo inizio per giustificare il prezzo del biglietto ma siamo solo all'inizio. Bella al solito Misunderstood, da “Being there”, poi l'americanissima California Stars e l'immancabile Handshake Drugs, magnifica al solito. Ancora Jesus etc. da “Yankee Hotel foxtrot”, poi I can't stand it che apriva lo splendido “Summerteeth” e Hummingbird da “A ghost is born” inframmezzate da altri due pezzi dall'ultimo disco. A finire il primo set di canzoni è graditissimo il ripescaggio di A shot in the arm, grintosa al punto giusto, sempre dal citato “Summerteeth”. La band abbandona il palco nel tripudio generale, il pubblico conosce bene Wilco e sa che l'encore sarà una roba lunga, molto lunga. E' un altra mezz'ora abbondante di meraviglie sonore.
Appena fuori l'Obihall diluvia, dentro invece è la band a proporci una cascata di note torrenziali, si chiamano Passenger side, delizia antica dall'acerbo esordio di “A.M.”, ma anche Kamera dal disco dell'hotel, Hate it here da “Sky Blue Sky”, la sdolcinata I'm always in love, a seguire ancora due perle da "Yankee Hotel foxtrot", disco che i Wilco e i loro fan amano molto, la poderosa Heavy metal drummer con Glenn Kotche sopra le righe e I'm the man who loves you, per chiudere in bellezza con I'm a Wheel dal disco dell'uovo. Pubblico impazzito, Firenze ai piedi dei Wilco, Tweedy stesso lo riconosce, "Really a great audience" e sono tra le poche parole che ha pronunciato nella serata. Concerto dell'anno, una serata da tramandare ai posteri, poco altro da aggiungere, Wilco sono la migliore rock band americana del momento, difficile trovare di meglio in giro. Brividi sottopelle, stanotte sarà difficile prendere sonno. Grazie Wilco ed arrivederci.