Rocco Sapuppo MYSTERIUM GOTHICUM
“Mysterium Gothicum” è l’ennesima tappa di un cammino di profonda introspezione della parola come scaturigine delle sue possibilità. La ricerca letteraria che Rocco Sapuppo ha iniziato già nel 1998 con il romanzo “Passione Secondo Orfeo” adesso viene portata alle sue estreme conseguenze in un moto personale di deflagrazione strutturale del logos e nella costruzione di una semantica carica di tensione emotiva. Si ha come la percezione che Sapuppo disponga ogni singola parola su un bilancino di senso, con un gesto che richiama la stessa sacralità e ineluttabilità con cui il dio Anubi soppesava il cuore usando come contrappeso una piuma per saggiarne la verità. “Mysterium Gothicum” è un labirinto le cui pareti sono specchi rifrangenti di una realtà abissale come le acque torbide dell’inconscio, rimestate da desideri codificati in formulari esoterici che custodiscono il nucleo di ancestrali riti iniziatici. Il libro è un romanzo dell’impossibile, l’esaltazione di una dinamica di elementi contrari dove il tempo diventa fissità nel sonno della ragione e ogni cosa appare circoscritta da confini trasfigurati e sfuggenti.
Il racconto di Sapuppo (nella foto a destra) si ambienta a Venezia, città le cui vie diventano ramificazioni venose che irrorano l’immaginario del protagonista, rinchiuso in un guscio dall’epidermide permeabile alle voluttà del mondo. Tuttavia, ciò che sembra serrato si dischiude all’incanto della poesia di incontri, dialoghi obliqui infittiti di richiami colti e linguaggio filosofico. Lo stesso protagonista di “Mysterium Gothicum” è una creatura che vive sul versante oscuro del presente e ne sente costantemente il peso, considerato che: «si figurava il mondo come diviso in due: una parte perduta nel passato come un’immensa foglia d’ombra spazzata da un vento soprannaturale; l’altra affondata nel diveniente istante del presente». In questa cesura della vita si colloca la parola scritta dell’autore come teleologia del riempimento di un vuoto esistenziale, quello dell’incapacità di descrivere l’Assoluto, il divino nella vita. D’altronde è lo stesso Sapuppo, per bocca del protagonista, a chiedersi se: «Ogni cosa risponde a un ordine cosmico, (...) o il caso domina persino il germoglio di tali simmetrie, nel cuore stesso del buio che ci chiude?».
Ma, prima di tutto, “Mysterium Gothicum” è un libro di domande, infinite domande che si affastellano senza requie. In questo senso, lo sviluppo narrativo si distende su un piano di voluta sospensione, di aulica precarietà che conduce ad una successione infinita di interrogativi senza risposta ed in ciò l’autore gioca ad alzare la posta lanciando le fiches sul piatto della più grande delle scommesse, concepire Dio nella caducità. C’è poi una costante che si intreccia alla prosa: la musica (barocca per geografia) disseminata tra le pagine del libro sotto forma di note o citazioni e che diventa enjambement retorico, legamento concettuale che fa avanzare il lettore nei cunicoli della dialettica discorsiva come una sorta di filo d’Arianna. “Mysterium Gothicum” è una lettura impegnativa e volutamente fuori dal tempo che però non è costretta in una dimensione di ricercatezza lessicale fine a se stessa, ma che richiama una lingua senza confini, quella di un umanesimo universale che ci fa guardare agli altri e a noi stessi con occhi diversi.