Shabaka And The Ancestors We Are Sent Here By History
[Uscita: 13/03/2020]
È la stessa storia che a volte ci consegna il proclama del suo stesso riscatto attraverso le stesse voci di coloro che cessano di essere stati i vinti. Queste voci emergono come dal fondo della stratificazione nei secoli degli uomini (e degli animali) della diaspora e della schiavitù africana. Ritrovarli dentro un'opera futuristico tribale nel 2020 è una circostanza parecchio fortunata ma anch'essa inserita all'interno di una narrazione storica contingente che ha confini geografici mobili ma tracciabili, dall'epicentro dell'avanguardia musicale londinese, punto di approdo delle origini caraibiche dei sassofoni di Shabaka, ai rituali della primitività attuale nell'Africa dei suoi compagni Ancestors. Le voci, le grida e i suoni non sono la forma o lo strumento del proclama di riscatto ma sono quel proclama stesso che si attua nel momento stesso in cui viene proferito. La musica diviene così riscrittura, che discendendo da una lunga tradizione orale si fa nuovo segno apposto sugli strati cancellati di una pergamena antica, origine di un discorso storico altro, reale per il solo fatto che esiste la sua possibilità di venire in essere. Così, 'coloro che devono morire' e 'coloro che sono stati chiamati' ( They Who Must Die e You've Been Called, le due tracce di apertura) non sono i vinti, ma i prescelti, 'mandati qui dalla storia' (sent here by history), che hanno la possibilità di creare un nuovo discorso nel decorso della storia, in cui il riscatto passa attraverso un pianto necessario perché è necessario essere vulnerabili (Finally, The Man Cried e Teach Me How To Be Vulnerable, tracce di chiusura). La storia dilania i corpi e dalla fragilità dei corpi si generano nuove affezioni che intessono i rapporti di una nuova storia, costruita su un atto di fondazione dell'assenza della storia precedente.
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