Viv Albertine VERMILLION BORDER
[Uscita: 5/05/2012]
Un quarto di secolo è un sacco di tempo, ed è da tanto che la chitarrista del fondamentale gruppo postpunk Slits era assente dal panorama discografico, con l’eccezione dell’ep “Flesh” pubblicato nel 2010 per l’etichetta di Thurston Moore e l’attività live dove ha già presentato negli anni scorsi alcune delle canzoni qui presenti. Quindi questo “Vermillion Border”, espressione che indica il confine fra il rosso delle labbra e il colore pallido della pelle del viso, è a tutti gli effetti il suo primo album solista. E di confini che limitano e da oltrepassare parlano in gran parte le canzoni di quest’album, canzoni dal carattere autobiografico, nelle quali con disarmante sincerità, ma con lucidità, Viv Albertine stila le sue confessioni di donna di mezza età, titolo della seconda canzone del disco, rrriot girl non pentita, uscita dal fallimento di un matrimonio e alla ricerca di strade nuove da percorrere.
“Vermillion Border” è disco che si muove fra sguardo al passato e presente da vivere pienamente, anche la scelta del produttore, quel Dennis Bovell che è stato dietro il capolavoro “Cut”, indica questo volersi collegare a un passato glorioso che si riverbera ora nella vena cantautoriale della Viv dei giorni nostri. E guardate bene la copertina, foto di lei che corre, gonna rossa al vento e custodia di chitarra in mano, lungo un muro sovrastato dal filo spinato, immagine contemporaneamente di levità francese, potrebbe essere una scena di un film di Truffaut, e di sottile, disturbante effetto. Copertina che bene rende i toni contraddittori, molteplici, sfaccettati delle canzoni contenute nel disco. Fra i musicisti che suonano nel disco, Viv Albertine ha coinvolto diversi amici e in particolare un bassista diverso per ogni brano, nomi che contano da Jack Bruce a Tina Weymouth, da Glen Matlock a Danny Thompson, da Wayne Nunes a ovviamente Dennis Bovell, musicisti per altro dalle esperienze musicali molto diverse. Fra gli altri coinvolti nel brano Confessions of a MILF alla chitarra c’è l’ex Clash Mick Jones.
L’album si apre con l’aggresiva e ribelle I Want More, «nessun compromesso, voglio di più», ripete con furia punk il canto urlato di Viv su un fiammeggiante ritmo funk; la già citata Confessions of a MILF, storia di una mogliettina e della sua dimora domestica, ha ritmi da filastrocca, ma diviene sempre più ossessiva nella ripetizione sarcastica e accorata al tempo stesso di «home, sweet home»; In Vitro alterna spazi di delicato canto femminile ad esplosioni della sezione ritmica, qui al basso Jack Bruce; in When It Was Nice, Becalmed (I Should Have Known) e Little Girl in a Box la voce si fa fragile e chic, aria di eleganza francese, romantica e intellettuale, Laetitia Sadier in atmosfere dream pop; in Hookup Girl le atmosfere dapprima crepuscolari si alternano presto al furore della chitarra elettrica; The False Heart ha toni cupi, la voce si fa più profonda, le sonorità inquiete; in Don't Believe declina, non senza ironia, le ragioni del suo ateismo «Lui non è né qui, né altrove»; dopo il bel pop di The Madness Of Clouds, chiude l’album la marcetta di Stll England in cui Viv rende omaggio a quelli che lei considera le icone positive del suo paese, fra gli altri Virginia Woolf, Dusty Springfield, Keith e Mick, The Kinks, T.Rex. Sid Vicious, Johnny Rotten,.Poly Styrene, Lucien Freud, Robert Wyatt, Julie Christie, la rivista underground IT. Il modo migliore di concludere un felice ritorno.