Ryan Bingham TOMORROWLAND
[Uscita: 18/09/2012]
Ryan Bingham nato in New Mexico ma di base in California è da noi poco più che uno sconosciuto mentre negli States ha trovati larghi apprezzamenti da pubblico e critica. Vediamo perché. Due dischi per la Lost Highways, "Mescalito" (2007), con cameo di grandi come Terry Allen e Joe Ely e "Roadhouse Sun" (2009) buoni samplers di country stradaiolo di discreto livello ma forse incensati troppo. Ryan ha uno stile compositivo pulito ed asciutto, coadiuvato dalla produzione del Black Crowes Marc Ford. Il seguente "Junky star" (2010) inciso con I Dead Horses fece quasi gridare al miracolo all'epoca ed era di sicuro un gran bel disco oltre a portare la gloria a Bingham grazie ad una song in esso contenuta, The weary kind, vincitrice dell'oscar per la migliore canzone. Difficile ritrovarsi di colpo una celebrità, il rischio di finire dritto nel filone mainstream, ahi, altro brutto neologismo, è elevato.
Questo nuovo "Tomorrowland" era una vera cartina tornasole per il ragazzo, il tipo non si è fatto prendere in contropiede ed ha sfornato un disco di tutto rispetto anche se niente di clamoroso o particolarmente originale. Nella sua voce si evidenziano notevoli affinità sia con il boss ma soprattutto con John Kay, leggendario vocalist degli Steppenwolf che il nostro ricorda molto ma molto da vicino. 13 canzoni, oltre un oretta di sano rock, un suono yankee all'ennesima potenza, piacerà molto ai suoi conterranei questo è fuori di dubbio. Forte dell'accresciuta popolarità Ryan ha inaugurato con questo lp la sua personale etichetta, la Axter Bingham, dal nome della moglie, dimostrando coraggio e presunzione allo stesso tempo.
Che dire? Si fanno riconoscere fra le tante Western shore con brillanti giochi di chitarra, Guess who's knocking, bel blues scorticato, Steppenwolf a palla mentre gli otto minuti di Rising of the ghetto potrebbero essere il meglio dell'intero disco. Un pò di maniera il singolone Heart of rhytmn, nonostante la buona grinta di Bingham. Per Flower Bomb e Neverending show Springsteen potrebbe anche chiedere i diritti d'autore, il resto è pura routine, sia pur degnissima e senza banalità e cadute di stile. Sei e mezzo e tutti a casa.
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