Wovenhand THE LAUGHING STALK
[Uscita: 5/10/2012]
# Consigliato vivamente da DISTORSIONI
Dieci anni fa David Eugene Edwards diede vita ai Woven Hand, progetto parallelo ai suoi 16 Horsepower; scomparsi questi ultimi il chitarrista di Denver adesso si dedica a tempo pieno alla sua creatura, ne ha leggermente mutato il nome in Wovenhand, e cambiato continuamente collaboratori. Per questo suo settimo album è affiancato dal batterista Ordy Garrison, dal chitarrista Chuck French e dal bassista Gregory Garcia jr., mentre la produzione è affidata ad Alexander Hacke (Einstürztende Neubaten, Bad Seeds). “The Laughing Stalk” è un disco che prefigura un cambiamento di rotta nella musica di DEE, il disco più heavy e classicamente indie rock della sua carriera, abbandonati i suoni acustici e le suggestioni etniche, dal Medio Oriente ai Balcani, del precedente “The Threshingfloor” e rimasto sullo sfondo l’alternative country che ha costituito un’ispirazione fondamentale delle sue band, le nove tracce di questo ultimo suo prodotto sono decisamente elettriche e lo avvicinano al post punk, i gloriosi Gun Club occhieggiano dietro l’angolo.
Le canzoni si caratterizzano per un forte impatto sonoro, un muro di suono dominato dalle chitarre elettriche lancinanti, da un ritmo percussivo ipnotico coadiuvato da giri di basso dalle cadenze ossessive; le incursioni del synth contribuiscono a rendere più lirica e messianica l’atmosfera, mentre il canto di DEE assume toni che ricordano il lato più profetico e cupo di Jim Morrison. Una musica forte e drammatica, ipnotica e scura che entra in sintonia con testi di forte matrice religiosa. Questi infatti sono ispirati al Vecchio e Nuovo Testamento, pieni di riferimenti a personaggi, episodi, massime lì contenuti, sono figli della religiosità protestante americana, che al contrario del cattolicesimo ha diffuso fra i fedeli la lettura e conoscenza di quei testi considerati sacri; non una predica, ma le parole della Bibbia servono per parlare del peccato, della colpa, dell’angoscia, della purezza, dell’espiazione, dell’eterna lotta fra il bene e il male.
L’iniziale Long Horn è cupa e tenebrosa, la confessione di uno spirito inquieto e tormentato, chitarre taglienti e un basso straordinariamente profondo; seguono l’ipnotica The Laughing Stalk e la galoppante ballata In The Temple; King O King canta la gloria della potenza divina, ma il suono dei tamburi e le chitarre distorte comunicano ben poca gioia; così con Closer piombiamo in un brano new wave venato di dark; i suoni si fanno più lievi, Maize è una danza rituale ispirata al canto dei nativi americani; tamburi tribali e distorsioni chitarristiche accompagnano la litania biblica di Coup Stick in cui il canto di DEE si fa teso per assumere le cadenze di un recitativo; As Wool suona come punk delle praterie e la finale Glistening Black, ritmiche pulsanti e chitarre morriconiane, ci conduce alla fine di un disco che certo non lascia indifferenti, scuote e percuote anima e orecchio, opera di un autore vero che qui troviamo in una delle sue prove migliori.
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