The Cure Songs Of A Lost World
[Uscita: 01/11/2024]
Ha raggiunto le sessantacinque primavera senza perdere il vizio di sporcarsi col rossetto e la matita nera. Per Robert Smith, essenza gotica del post-punk di fine settanta, l’età anagrafica sembra rappresentare poco più che un semplice dettaglio. Senza soluzione di continuità con i suoi Cure calca da quasi mezzo secolo i prosceni di mezzo mondo e adesso, dopo un prolungato silenzio (il rilascio di “4:13 Dream” risale al settembre del 2008) torna sulla scena discografica con otto canzoni inedite. Annunciato nel recente passato a più riprese, l’atteso “Songs Of A Lost World”, quattordicesimo album di studio della band, sin dalle ovattate geometrie dell’interminabile intro di Alone sembra recuperare l’oscura raffinatezza delle produzioni del passato. ‘Questa è la fine di ogni canzone che cantiamo’ è l’enunciazione solenne con la quale il carismatico Bob esordisce nel tratteggiare i suoi malinconici pensieri, amplificando a dismisura il pathos del rinvenimento di una voce amica persa nel passato. Sono atmosfere impenetrabili quelle che il concept emana nel corso della propria evoluzione; la labilità del passaggio terreno e l'elaborazione della perdita (rimarchevole l'omaggio al fratello recentemente scomparso in I Can Never Say Goodbye) sono tematiche che si insinuano tra le plumbee pareti innalzate dalle imponenti linee di basso inferte dal fedele Simon Gallup e i circolari loop ipnotici del synth. Spiccano in scaletta i distorti, quanto drammaticamente attuali, fotogrammi di Warsong nonché gli incalzanti riverberi voyeuristici di Drone:Nodrone e della leggiadra litania And Nothing Is Forever anche se, ad onor del vero, è nella coda che si annida il vero ‘pezzo da novanta” del lavoro. L’ennesima infinita apertura strumentale, sospesa tra riflessi elettrici e precise pulsazioni conduce dritta al minimalismo dei dieci minuti di Endsong, brano che più di qualsiasi altro rimanda al ‘passato perduto’ del titolo facendoci ripiombare in un solo istante nelle fosche arie di “Disintegration” o “The Head On The Door. ‘Wondering how I got so old, nothing left of all I loved’. Amaramente consci che l’incanto di un romantico deja-vu con il tempo che fu si dissolverà ingannevolmente con il termine della traccia, non ci resta che gioire del poter essere tornati ad emozionarci con un disco dei Cure nel 2024.
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