Muni Soma
[Uscita: 05/12/2020]
Personaggio intrigante e pieno di inquietudine creativa Nicola Caleffi è stato senz'altro protagonista della parabola evolutiva dei Julie's Haircut che sono passati da un esordio in cui la psichedelia veniva attraversata da schegge noise garage, "Fever In The Funk House" (1999 Gamma Pop), ad un approdo in cui la stessa diluiva in atmosfere trascendentali, "Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin" (2017 Rocket Recordings). Con questo nuovo progetto Muni, che deriva da una parola sanscrita che ha come significato: 'colui che medita in silenzio', Caleffi può mettere meglio a fuoco la sua personalità e le sue idee e per l'occasione ritrova Laura Storchi, presente nella band modenese dalla sua fondazione, nel 1994, fino al 2006 e due compagni di affinità elettive, Claudio Luppi e Pierluigi Lanzillotta (Pip Carter Lighter Maker). Ne nasce questo lavoro assolutamente originale e pregnante, "Soma", strutturato su quattro lunghe suite che rileggono il reticolo lieve e conturbante della psichedelia onirica, sacrale e introspettiva. Trame dilatate, equilibri eleganti di soave impalpabilità e galleggiamenti eterei. Si tratta di vere e proprie progressioni e stratificazioni che mutano di consistenza, andando a impregnarsi di venature jazz o incupendosi in elegie meditative sommesse, fluttuando in tonalità rarefatte che poi si caricano di energia in ripetizioni mantriche e vagamente esoteriche. Siamo a quanto di più vicino possa esserci al genere Italian Occult Psychedelia che in pezzi come Corona Borealis arrivano a un free form tribale e parossistico che ricorda band nostrane come Lay Llamas e Cannibal Movie. E quindi a questo punto non stupisce nemmeno che dietro ci sia una label come Backwards, da sempre attenta a tutto quel filone di sonorità che in qualche modo si riagganciano a un immaginario filmico, alla psycho trance di certe tradizioni del sud arcaico e alla ritualità apotropaica. Drinking At The River Of Light è un'immersione in suggestioni fibrillanti, etno fusion e Spirit Animal si cala in certe atmosfere ambient, care a Jon Hassell con il corno di Silvia Orlandini e i fiati di Paolo Campani. Un eclettismo inconsueto con guizzi rumoristi e soluzioni affatto prevedibili, Presence By The Fire è ipnotica e spirituale, eterea e fuggevole, ci ricorda alcune sperimentazioni di Morton Subotnick in chiave più soft e soporifera. Il disco è frutto di session di improvvisazione registrata allo studio Bunker di Rubiera, si ispira al testo sacro induista del Bhagavadgītā, al poema zen Shodoka di Yoka Daishi e alle poesie di Dylan Thomas.
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