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27 Aprile 2017 , ,

John Mellencamp featuring Carlene Carter SAD CLOWNs & HILBILLIES

2017 - Republic Records
[Uscita: 28/04/2017]

Stati Uniti  #consigliatodadistorsioni

 

Sad_Clowns_&_Hillbillies_Cover_Art"Portami via dalla Columbia", disse John Mellencamp (Cougar) nel 2003 al suo manager, riferendosi alla casa discografica che lo aveva accolto dopo la lunga fase Polygram e che aveva pubblicato tre suoi album (ma che, a detta di Mellencamp, era diretta da "razzisti"). Lì moriva il John Mellencamp delle classifiche e di parecchi hit single dal suono accessibile alle masse e alle radio. Si incattiviva ulteriormente l'uomo che facile non era mai stato. Apriva in maniera possente a quel blues che “Trouble No More” (2003) aveva iniziato a masticare come foglie di tabacco che stridono sotto ai denti.  C'era Stones in my passaway di Robert Johnson in quel disco, e c'erano già titoli di Son House e Willie Dixon, ma fu con “Freedom’s road” del 2007 che iniziò davvero la strada della libertà. 

Parole ancora più dure, posizioni scomode, l'antipatia del folk rurale e l'alito pesante del blues: tutto mescolato al fare ispido del ruvido rocker. Niente più canzoni da cantare con il finestrino abbassato ma inni molto periferici e lividi ripresi da una tecnologia sorpassata. Urlavano un rifiuto, su tutta la linea. Tre album in studio, un live e la riproposizione dal vivo del disco della fuga dalla Columbia. Tutti carichi di una voglia insopprimibile di ripercorrere le strade della tradizione, la stessa che era passata per Bloomingtom, Indiana, a due passi da casa Mellencamp, quando Hoagy Charmichael sfornava futuri evergreen come Stardust e Georgia on my mind.

 

john-mellencap-sad-clowns-tour-2017Sad clowns & hillbillies” non perde quel sapore da periferia dell'impero, ma elegge a suono predominante un country più dolciastro, rischiarato dalle voci di Carlene Carter e Martina McBride. Se la figliastra di Johnny Cash, anche autrice, fa la parte del leone con cinque pezzi su tredici cantati in duetto, è la McBride a offrire per prima un sussulto ai fan storici di Mellencamp. Il suo intervento in Grandview ci riporta dalle parti di “Scarecrow”. Più accessibile, meno incupita risulta così questa raccolta di canzoni.  

Si ha la sensazione di trovarsi a metà strada tra l'operazione bluegrass compiuta anni fa da Steve Earle con la Del McCoury Band e quel supergruppo di rural rock, i Buzzin' Cousins, che John mise targetinsieme nel 1992. Anche il violino predominante e la batteria secca sembrano più parenti di “Big Daddy” che delle passate scorribande nel blues. La voce si è fatta più grave, rasenta talvolta i vicoli battuti da Tom Waits (Easy target), ma il ritrovato formato canzone consola chi si era sentito un po' perso nella ricerca ossessiva e nel suono scarno. Mandolini e armoniche a bocca distese (You are blind), la fluidità di un tempo di alcune ballate (All night talk radio) e quel country gioviale che spunta ogni tanto (Sad clows, pedal steel e violino old time) mettono di buon umore dal primo ascolto. Un ritorno coi fiocchi, un regalo da aprire e richiudere con un misto di incredulità e felicità. 

 

Voto: 8/10
Ermanno Labianca

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