Richard Stevie Moore PERSONAL APPEAL
[Uscita: 20/08/2013]
# CONSIGLIATO DA DISTORSIONI
C’è qualcosa di noi in questo attempato nerd il cui faccione campeggia in copertina: l’antitesi del cool, cui probabilmente ambirebbe non fosse demodé quanto il design di quegli occhiali, le cui montature gli affossano l’appeal da almeno un quarantennio. Richard Stevie Moore, arrivato ad amare il proprio insuccesso per non odiarsi, ha fatto dei mancati traguardi soprattutto commerciali il senso di un personaggio (vedasi l’official website), chiuso in un recrimine stupito a tratti livoroso. Ma anche trionfante di talento e prolifico all’eccesso, così gli home-made realizzati (più di 400, in genere autoproduzioni da cui c.a. 2000 canzoni dal 1968) tali da scoraggiare ogni velleità completista da parte dei fans. Sì, perché Moore al netto di recenti riconoscimenti critici, ha un seguito di ammiratori accaniti ma veramente limitati nel numero. Così poco diffusi da renderlo looser anche a fronte di personaggi quali Daniel Johnston al cui cospetto, peraltro, gli è capitato presentarsi (non riconosciuto), come fosse l’ultimo degli strimpellatori in cerca di autografo (cercarsi su you tube).
E allora consideriamone l’incontinenza DIY (do-it-yourself) rappresentata dalla raccolta in esame, successiva alla splendida compilation rilasciata nel 2012 (“Lo Fi Hi Fives…. A Kind Of Best Of”), a suo tempo recensita su Distorsioni. In questa selezione abbiamo forse meno qualità rispetto alla precedente, ma pure un approfondimento del substrato compositivo di un genio del pasticcio da studio casalingo (anche video); Lo-Fi quanto basta perché lo si annoveri tra i precursori di tale attitudine compositiva, come del resto anticipatore di manipolatori di fonti sonore (attuali star che miscelano collezioni di dischi in diluiti beveroni hipnagocici, come Ariel Pink, suo fan dichiarato), Moore in realtà è un esegeta imbevuto, tra gli altri, dei vari Zappa, Brian Wilson, Captain Beefheart e poi di certa new wave intellettuale americana (elettivamente Ralph Records), o anche di un glam all’apparenza più caciarone (Sparks) oltre ad ogni altra realtà convissuta in carriera, dal prog al country. Un signore che padroneggia la propria genealogia musicale con capacità di vero musicista (cioè di uno che suona gli strumenti), traducendola con grazia speculare in esiti del tutto personali e sorprendenti . “Personal Appeal“ attinge a tracce registrate tra gli anni 1973 e 2000. L’opener Why Can’t I Write A Hit? risponde al quesito con una certa dissolutezza wave e un disarticolato finale; Make Up Shake Up infiocchetta con malcelato compiacimento l’attitudine classicheggiante del nostro; Old è composizione che raccomandiamo ad ogni natura bipolare, elettrica blues e dolciastro scampanellio da corsia psichiatrica, voce cavernosa e ballata prozac.
Structure Of Love è uno strumentale chitarristico che svapora incerto e ti chiedi perché, essendo maestoso del suo; The Picture sorta di avviluppamento younghiano (nel senso di Neil), capace di sdilinguire col falsetto di Moore, anime ben più indurite delle nostre; Quarter Peep Show scoppiettante country da rodeo (il tipo manco a dirlo risiede a Nashville); I’ve Begun To Fall In Love è immagine sovraesposta di una commozione indotta dai Beach Boys; Pretend For A Second That You Are Very Intelligent e Forecast sono filastrocche che da attracchi Residents approdano a lidi di r’n’r deragliato (MX-80 sound). No Body stralunato cliché melodico introduttivo di Man Without A Purpose, elettronico intrattenimento per proseliti accattivati da voce filtrata e piccole tastiere; Treat Me una meravigliosa avanzata dell’estro mooriano verso soluzioni free (amate Jad Fair?); What We Did e siamo a volergli bene per questa stralunata marcetta; Copy Me, rieccolo wave e stilizzato quasi fosse un Feelies; I’m Sorry But Goodnight il commiato arpeggiato di un signore di una certa età, pronto ad andare a letto dopo aver spento ogni led, laggiù nel proprio studio del seminterrato. Consegnamoci quindi a questa raccolta come ad una traccia idonea a seguire un percorso. Un artista che possiamo ammirare anche attraverso un facile scouting in rete (fatelo e non ve ne pentirete), ma la cui oramai chimerica affermazione potrà avvenire solo attraverso l’acquisto dei suoi manufatti. E chissà mai che non si decida a cambiare occhiali.
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