Porcupine Tree OCTANE TWISTED
[Uscita: 19/11/2012]
Ci sono artisti che non pubblicano un album dal vivo in tutta la loro carriera, o al massimo se ne concedono uno. Altri, attraverso personali canali, offrono ai fans addirittura una registrazione disponibile per ogni concerto fatto. Ovviamente entrambi gli esempi citati costituiscono dei casi-limite e la tradizione, o la buona norma, chiamiamola come vogliamo, vede in genere un primo live concepito per fotografare un particolare momento significativo o un punto di svolta nella storia di una band, un secondo live per catturarne l’apice creativo e tutto quello che viene dopo destinato a porsi a metà strada tra l’amarcord di un periodo che non tornerà e la volontà di celare l’inevitabile fase calante. Questo sembra un po’ il messaggio tra le righe di “Octane Twisted”, documento live offerto dai Porcupine Tree. Intendiamoci: Steven Wilson di cose da dire ne ha ancora parecchie, e lo testimoniano le sue numerose collaborazioni, produzioni e, soprattutto il bellissimo live solista “Catalogue/Preserve/Amass”, già recensito su Distorsioni, nel quale il polistrumentista e compositore inglese si mostra a suo agio con tutti i linguaggi che più gli aggradano, dal jazz-rock di sapore canterburyano, all’hard rock, alla psychedelia, fino al prog-rock più romantico.
Viceversa, il suo principale progetto di riferimento, i PT appunto, dopo aver percorso avvincenti strade cosmiche in album di studio ormai passati alla storia, come “Signify” o “The Sky moves sideways”, e dopo aver rivelato un songwriting delizioso e cristallino in perle come “Stupid dream” o “Lightbulb sun”, sembra aver raggiunto il canto del cigno con l’ancora ottimo “In absentia”, dopodichè i “fantastici quattro” (divenuti ormai cinque) si sono un po’ arroccati su un metal-prog a tinte fosche di maniera, pericolosamente furbetto e trendy. Dal punto di vista live la band aveva forse dato il meglio di sé con “Coma divine”, del 1997, che per i nostri lettori dovrebbe ricoprire un significato particolare in quanto fu registrato in Italia proprio per documentare l’amore che il tricolore ha sempre tributato a Wilson & Soci. Negli anni 2000, però, ecco arrivare la divulgazione a raffica di dischi dal vivo, in modo quasi isterico, sui quali può meritare una menzione particolare il video in DVD “Arriving somewhere…”, del 2006, che offre una line-up davvero in stato di grazia. Questo “Octane Twisted” sembra invece pubblicato più che altro per non far calare la soglia d’attenzione ai fans. Ho avuto il piacere di vedere i Porcupine Tree dal vivo circa tre anni fa; il locale di Milano nel quale avevo visto numerosi concerti era pieno come mai lo avevo trovato prima: tanti i quarantenni con i primi cenni di brizzolato nei capelli lunghi (tra cui il sottoscritto!) ma ancora di più i ragazzini con addosso le magliette di Tool, Opeth e persino Megadeth e Slipknot.
Se da una parte ciò poteva far piacere, dimostrando che la band aveva saputo catturare l’interesse di tanti giovani offrendo sempre e comunque una musica intelligente e di qualità, dall’altra parte l’impressione era quella di vedere sul palco dei musicisti scafati che in modo freddo e asettico eseguivano il loro compitino, attenti più che altro a non andare mai fuori sincrono con il monumentale screenshow su cui correvano video legati all'iconografia nu-metal-modaiola. Era appena uscito l’album “The incident” e lo show prevedeva una prima parte con la riproposizione fedele dell’album e una seconda parte di classici presi da vari momenti della carriera. Questo nuovo live, nella formula, non si allontana di molto, in tutto ciò, dal concerto che vidi, con il primo dei due CD occupato da “The incident” nella sua interezza e il secondo più vario. Resta comunque la soddisfazione di ascoltare un album ottimamente suonato e prodotto, da parte di una band che, se sul piano creativo accusa forse qualche calo, formalmente ha raggiunto livelli di affiatamento e compattezza pari a pochi altri nomi ben più blasonati. Un disco a cui dedicare comunque un po’ di attenzione: i vecchi fans non resteranno certo delusi, i giovanissimi forse addirittura si esalteranno, chi non li conosce affatto può farsi una buona idea generale di una delle ultime grandi band del rock.
Con tutto l’amore che ho per Alberto Sgarlato, sia dal punto di vista parentale che quello unito all’ammirazione per tutto quanto fa al meglio, trovo questa recensione piuttosto riduttiva (non si parla quasi del disco) e limitata. Bertoncelli su Linus ne parla per due pagine analizzando e spiegando come questa versione live di “The incident” sia infinitamente superiore a quella in studio. Non dico che bisogna condividere Bertoncelli (de gustibus…) ma un’analisi più approfondita sarebbe stata più opportuna. Anche “Even Less” è in una versione stratosferica (questo lo dico io, non Bertoncelli) forse mai realizzata prima che sarebbe stato d’uopo segnalare.
PUPI BRACALI