Inamitri Jazz Folklore & Amiri Baraka LIVE IN S. ANNA ARRESI 2013
[Uscita: 09/02/2016]
Italia-Stati Uniti #consigliatodadistorsioni
A due anni di distanza dalla morte di Amiri Baraka, al secolo Le Roy Jones, grande voce recitante, poeta e agitatore politico afroamericano, la Rudi Records pubblica il concerto tenutosi nell'estate 2013 nell'ambito del festival d'avanguardia che si svolge ogni anno nella magnifica cornice della piazza del Nuraghe di S. Anna Arresi, paesino della Sardegna tra la collina e il mare. In quell'occasione Baraka si era unito alla formazione guidata dall'altosassofonista di origini russe Dimitri Grechi Espinoza, con diversi altri musicisti italiani a comporre un ricco e articolato quadro di differenti sezioni strumentali (sax baritono, violino, percussioni, hammond, chitarra elettrica).
La voce narrante di Baraka sovrasta l'insieme e come la musica ripercorre con carattere e contenuto di estemporaneità luoghi evocativi della tradizione, già proiettata al suo interno verso una visione del futuro.
I riferimenti al passato hanno una loro collocazione definita. In apertura Baraka, su uno sfondo di campane percussive, comincia a evocare come in una preghiera recitativa alcuni nomi di standard del jazz, in particolare modo di Charlie Parker. Il viaggio di ritorno di Baraka alle proprie radici in Africa (When Amiri was in Africa), come anche il breve intermezzo Baraka, è un racconto soltanto musicale, nel quale il rituale percussivo ancestrale, al di sotto della derivazione free delle ance, narra le gesta vocali di questo grande cantore del linguaggio.The slave singing rappresenta l'estrinsecazione, il dare forma alla parola di un linguaggio storico, quello afroamericano, che travalica l'ombra del potere.
A un certo punto del live Baraka (nella foto a destra) apre un lungo speech circolare che ruota attorno la figura cosmica di Sun Ra, ripetendo più volte il suo nome e dicendo di riportare un suo messaggio sulla fase di transizione del mondo, del quale i successivi Terra e Aria sono gli elementi originari che esplodono nella violenza free che si ritorce contro il dominio conquistato dall'uomo. La conclusiva There really was an Africa, con un andamento costante e sicuro, dà la conferma dell'esistenza di un luogo esterno al potere che attraverso il proprio processo di divenire in linguaggio ha dato forma alla libertà e rinchiuso il dominio sull'uomo nero nei propri stessi recinti.
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